l'inchiesta
sabato 2 Settembre, 2023
di Benedetta Centin
L’esito delle analisi di laboratorio, a quanto trapela, non lascerebbero spazio a dubbi: il ceppo del batterio Escherichia coli che ha ridotto in gravissime condizioni una bimba trentina di due anni e mezzo è lo stesso individuato nel formaggio a latte crudo che la piccola avrebbe mangiato o con cui sarebbe comunque venuta in contatto a fine giugno, quando si è fermata con i genitori in una malga di Coredo. Questo, in sintesi, quanto pervenuto sulla scrivania del procuratore Sandro Raimondi e del sostituto Maria Colpani che, per fare luce su quanto accaduto, per individuare le relative responsabilità, a luglio avevano aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di lesioni gravissime colpose e la violazione dell’articolo 5 della legge 283 del 1962, in particolare per quanto riguarda l’impiego, la vendita e la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari «con cariche microbiche superiori ai limiti». Un fascicolo, questo, rimasto solo per poco a carico di ignoti. Poi sulla copertina era stato riportato il nome del legale rappresentante della malga di Coredo, che si è affidato all’avvocato Andrea De Bertolini. Un atto dovuto, l’iscrizione sul registro degli indagati, anche a sua tutela, per dargli anche la possibilità di partecipare con un proprio consulente ad eventuali attività irripetibili, quali ad esempio delle consulenze.
Le risposte dalla scienza
I risultati comunicati agli inquirenti sono quelli relativi ai campionamenti effettuati dal personale dell’azienda sanitaria nelle prime fasi, e usciti dai laboratori dell’istituto zooprofilattico delle Venezie e dell’Istituto superiore di Sanità a Roma. Analisi che hanno permesso di riscontrare appunto la positività del formaggio e delle feci degli animali della malga all’Escherichia coli, individuando nel dettaglio la tossina, il ceppo del batterio, più in particolare la sua tipizzazione, il suo dna. Che, a quanto risulta, corrispondo a quello che è stato riscontrato dai campioni biologici della bambina. E gli ulteriori accertamenti di laboratorio ora in corso sui campioni di formaggio prelevati dai Nas (Nuclei antisofisticazione e sanità) dei carabinieri su ciascuna delle 450 tome trovate in malga e sequestrate, dovrebbero portare a stabilire anche quale è il lotto «colpevole». Quale insomma lo specifico formaggio che avrebbe fatto ammalare la bambina della sindrome emolitico-uremica (Seu), causata appunto dal batterio dell’Escherichia coli.
Bimba ancora in ospedale
La piccola è ricoverata da inizio luglio in ospedale a Padova. Non è più intubata, ora respira in modo autonomo ma rimane costantemente monitorata dai medici. Potrebbe aver assaggiato, di nascosto dai genitori, il formaggio fresco che è stato fin da subito anche il primo sospettato dall’Azienda sanitaria trentina. Nella nota diffusa a luglio aveva infatti spiegato come all’origine dell’infezione della minore «ci sarebbe verosimilmente il consumo di alcuni prodotti caseari — in particolare un formaggio fresco — in una malga situata sul territorio dell’ex Comune di Coredo». I primi sintomi sono comparsi appunto a luglio, quando la bimba era in vacanza lontano da casa: il tempo di incubazione è infatti, di solito, di dieci giorni.
Acqua «non responsabile»
A inizio agosto la sindaca di Predaia, Giuliana Cova, aveva già scagionato l’acqua derivata dalla sorgente «Presa Malga» di Coredo che serve le malghe della zona (quindi anche quella finita sotto l’attenzione degli inquirenti). Acqua che dal 20 luglio non si poteva più bere, da quando cioè la prima cittadina aveva emesso un’ordinanza «contingibile ed urgente» per vietarne «l’utilizzo ai fini potabili». Ordinanza, questa, nel frattempo revocata. Cova il mese scorso aveva rassicurato i cittadini, dichiarando: «L’azienda sanitaria ci ha comunicato che l’acqua non ha nulla a che vedere con quanto successo alla malga di Coredo». Ed è quanto è stato comunicato anche alla Procura: a quanto pare infatti l’acqua che serve la malga era sì risultata contaminata dallo stesso batterio ma non c’è corrispondenza con il ceppo del batterio che ha portato la bimba a presentare i sintomi della Seu.
l'incontro formativo
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