alta formazione
sabato 12 Novembre, 2022
di Tommaso Di Giannantonio
Mesi fa la Provincia e l’Università di Trento avevano trovato un accordo sulla cosiddetta «quota base», cioè quei circa 111 milioni che Piazza Dante gira annualmente all’ateneo, da dieci anni a questa parte, cioè da quando è stata riconosciuta all’autonomia trentina le funzioni legislative e amministrative in materia di università. Ecco, l’accordo prevedeva l’adeguamento di questo finanziamento fisso all’inflazione accumulatasi dal 2012 al 2021, che porterebbe alle casse dell’ateneo circa un 10% in più. Non era previsto un scatto netto, ma un incremento graduale, che però sarebbe dovuto partire dal bilancio del 2023. «Capiamo benissimo che la situazione attuale non lo permette – dice il rettore – Oggi stringiamo i denti, ma nell’assestamento ci aspettiamo un aumento».
Rettore, nel disegno di legge relativo al bilancio di previsione 2023, la Provincia ha ridotto le spese per l’istruzione universitaria: per alcuni capitoli, molti dei quali interessano l’Università di Trento, passano da 106,9 a 104,2 milioni. Come avete accolto la notizia?
«Non abbiamo ancora avuto una comunicazione ufficiale. La prossima settimana avremo un confronto tecnico con la Provincia. Ci risulta comunque che ci siano solo alcune voci di spesa sugli investimenti che vengono spostate in avanti: questo probabilmente fa apparire una riduzione di spesa. Ma non ci risulta un taglio sulla quota base. Anzi, nel 2023 si sarebbe dovuto aumentare l’importo della quota base, ma la Provincia ci ha detto che se ne riparlerà nell’assestamento. Scelta comprensibile, vista la situazione difficile: tutti fanno fatica a far quadrare i conti, dalle famiglie alle imprese, fino agli enti locali. Noi, però, faremo il bilancio 2023 tenendo conto della variazione che ci sarà in estate. Confidiamo, quindi, che nell’assestamento arrivi una boccata d’ossigeno perché quelle risorse ci servono per sostenere le attività di crescita dell’università».
Che tipo di aumento era stato concordato?
«Già nel 2021 avevamo chiesto che la quota base, ferma a dieci anni fa, venisse attualizzata al potere d’acquisto. Non avevamo chiesto quindi finanziamenti aggiuntivi, ma la necessità di un incremento legato all’adeguamento all’inflazione. E su questo tema c’era stata ampia condivisione da parte della giunta provinciale».
Il prossimo autunno, però, dopo le elezioni provinciali, potrebbe esserci una giunta diversa, sia dal punto di vista della composizione che dal punto di vista del colore politico.
«Infatti questo sarà un tema che dovrà essere posto in campagna elettorale. Qualsiasi giunta dovrà mantenere questo impegno, che ci sembra del tutto ragionevole. L’attuale giunta ci ha garantiti inoltre che gli investimenti sulla Scuola di Medicina non sono in discussione, compresa la futura sede nella zona del parcheggio Monte Baldo».
Uno dei capitoli da cui emerge una variazione di spesa in senso negativo è quello della coppia ricerca e innovazione, da 55 a 49,6 milioni (meno 5,6 milioni): in particolare si riducono, al momento, le spese per la meccatronica, per gli accordi di programma con le fondazioni di ricerca Fem e Fbk, così come i vari progetti di ricerca finanziabili da Piazza Dante. Cosa ne pensa?
«Bisognerebbe capire bene dove si va ad incidere, magari si tratta solo di ristretti margini di risparmio. Spero vivamente che questi tagli non mettano in difficoltà né le fondazioni di ricerca né i progetti. Nei giorni scorsi abbiamo festeggiato i 60 anni di Sociologia, ma anche della Fondazione Bruno Kessler, sottolineando la capacità visionaria che ebbe Kessler. Non credo che Kessler, nel 1962, avesse risorse da buttare. Pur comprendendo il quadro complessivo, bisogna darsi delle priorità. Io penso che la giunta consideri la ricerca una priorità. Allo stesso tempo spero che non sia un trend disinvestimento».