Il caso

mercoledì 25 Ottobre, 2023

Tamponi covid falsi, l’Apss chiede 107mila euro di danni: «L’infermiere Macinati a capo della truffa»

di

Chiesti mille euro anche agli 87 clienti, che avevano dato 250 euro a test

Una sfilza di tamponi falsi (33mila, una media di 600 al mese), referti dall’esito contraffatto, e decine di clienti disposti a pagare per far risultare il tampone nasale negativo al covid o per ottenere invece l’agognato green pass, per essere quindi liberi di muoversi in tempo di pandemia. Ora che i 92 imputati sono approdati in udienza preliminare e i rispettivi avvocati hanno avanzato richieste di riti alternativi, per riuscire ad ottenere uno sconto in caso di condanna, questi si troveranno a mettere mano al portafogli. Non solo l’infermiere di Civezzano Gabrielle Macinati ritenuto dalla Procura a capo di una vera e propria «associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di test rapidi mendaci», di aver cioè messo in piedi e gestito il fruttuoso mercato dei tamponi illeciti nei due centri di Trento e di Pergine Valsugana, anche grazie al suo entourage (quattro persone tra cui sua moglie). A pagare saranno anche gli 87 clienti, imputati a lavoro volta. Operai, liberi professionisti, impiegati e pure esponenti delle forze dell’ordine che si trovano a dover rispondere di corruzione, falso e concorso in accesso abusivo a un sistema informatico. Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri che a gennaio 2022 avevano chiuso i due centri tamponi e sequestrato 120mila euro in contanti e 100 green pass falsi, i pazienti aveva pagato a prestazione 250 euro circa. E adesso dovranno sborsare quattro volte tanto. E cioè mille euro a testa. Ora che il procedimento penale è infatti approdato in udienza preliminare e le difese (nell’udienza di ieri) hanno avanzato al giudice Gianmarco Giua istanza di riti alternativi, per ottenere eventuali sconti di pena, l’azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento si è costituita parte civile. Per sollecitare e ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, quelli cioè patrimoniali e non patrimoniali, all’immagine e da sviamento di funzione.
La quantificazione dei danni
E la stessa Apss li ha anche quantificati, i danni: un totale di 107mila euro. In particolare mille euro per ciascun cliente e invece importi più consistenti, e cioè 20mila euro in tutto, per i cinque che si trovano a rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e all’accesso abusivo al sistema informatico (gli esiti dei tamponi venivano infatti inseriti di volta in volta nella piattaforma informativa Smartlab, di cui è titolare l’Apss). A dover pagare 4mila euro ciascuno saranno l’infermiere Macinati, 48 anni, sua moglie Debora Angeli e i suoi tre collaboratori, due amiche poco più che ventenni di Sant’Orsola e un perginese di 30, e cioè Jasmine Sevignani, Silvia Zogmeister e Massimo Calzà, tutti assistiti dagli avvocati Giuliano Valer e Monica Carlin. Un gruppo che per l’azienda sanitaria era «un vero e proprio apparato “anti Stato” fondato sulla frode e l’inganno, idoneo ad influenzare negativamente, nel breve e medio periodo, obiettivi e scelte adottate dall’Apss, in coerenza con la normazione emergenziale nazionale». Così almeno secondo l’Apss, assistita dall’avvocato Martino Antonio Orrigo, che, in quanto amministrazione danneggiata, ha formalizzato la sua richiesta risarcitoria: di 87mila euro complessivi per i clienti, di 20mila euro per Macinati e i suoi presunti sodali. Questi ultimi cinque, attraverso i loro difensori, ieri in aula hanno chiesto di poter patteggiare, di trovare quindi un accordo con la Procura sulla pena, e al contempo hanno manifestato la loro disponibilità a risarcire, ma non solo l’Apss.
Ma ci sono anche altri, dei restanti 87 imputati, ad aver chiesto di poter scendere a patti. Una parte ha invece avanzato l’istanza di rito abbreviato, processo questo che consente lo sconto di un terzo in caso di condanna. Alcuni in particolare hanno chiesto sia condizionato all’audizione di testimoni o a consulenze. La posizione dei restanti si discuterà nel corso della prossima udienza che si terrà in primavera. Allora il gup Gua scioglierà le riserve in merito all’ammissione dei riti.