La reazione
sabato 1 Febbraio, 2025
di Benedetta Centin
Un po’ se lo aspettava, «come se fosse nell’aria». Eppure l’effetto della sentenza di assoluzione pronunciata ieri in tribunale nei confronti dell’ex primario Saverio Tateo e della sua vice Liliana Mereu, è stato dirompente per Mirella Sintoni, mamma di Sara Pedri. Lei era parte civile nel processo in nome di sua figlia, in qualità di curatrice visto che la ginecologa risulta scomparsa da ormai quattro anni. «Siamo distrutti da questa sentenza di assoluzione, non è che il processo dovesse restituirmi mia figlia Sara ma questo è un ulteriore schiaffo a chi ha già subito. Mi fa senso sapere che il giudice abbia deciso che “il fatto non sussiste”» le parole dell’ex insegnante in pensione dalla sua casa di Forlì, mentre in sottofondo passa l’audio con la recita del Santo Rosario. La voce dolce e pacata della donna è graffiata da un dolore acuto che sale fino in gola mentre parla del caso della sua ragazza che ha fatto scattare l’inchiesta della Procura di Trento, portando i due medici davanti al giudice con l’ipotesi di accusa – che però non ha retto – di «maltrattamenti in reparto». Anche, appunto, nei confronti della sua Sara. Una figlia «amante della vita, dei tacchi e dei capelli rossi, così grintosa sul lavoro» che, per quel «tormento che non sopportava più e che le aveva spento il sorriso», è arrivata a presentare le dimissioni all’azienda sanitaria e a sparire nella zona del lago di Santa Giustina, il 4 marzo 2021. E da allora risulta introvabile, nonostante le ricerche.
Sintoni, come si sente dopo la sentenza?
«Siamo distrutti, sì, distrutti.. Non che questo processo mi dovesse restituire mia figlia Sara, almeno però che non venga cancellato il suo onore, la sofferenza che ha patito, quello no».
Se lo aspettava questo esito?
«Per la verità sembrava fosse nell’aria, avevo un brutto presentimento, un’intuizione… Sta andando male, a rovescio, non solo per il nostro caso ma anche per tutte le altre persone che hanno subito. È come se fossero state schiaffeggiate un’ulteriore volta. Proprio così: con questa sentenza di assoluzione sono stati altri schiaffi per chi era già stato maltrattato».
Eppure il giudice, con questo dispositivo, non avvalora affatto l’ipotesi della Procura, quella di maltrattamenti in reparto..
«Sono state raccolte tante testimonianze, con dovizie di particolari, precise offese verbali, descrizioni dettagliate di ciò che veniva fatto in reparto, a partire dalle mani che usava la dottoressa per correggere le altre colleghe, quegli schiaffi sulle mani in sala operatoria come era accaduto a Sara. Queste non sono cose da ridere, esistono davvero e quando succedono si spera sempre sia l’ultima volta».
L’inchiesta è scaturita proprio dal caso di sua figlia, dalla sua sparizione..
«Sì, appunto, e la circostanza che non sia stata riconosciuta l’ipotesi di maltrattamenti in reparto fa male alla mia Sara, certo, ma anche e soprattutto alle sue colleghe: il mio pensiero è rivolto a loro in questo momento. Le abbiamo sentite in tribunale, avevamo la facoltà di assistite alle loro audizioni: le loro testimonianze ci hanno fatto accapponare la pelle e piangere a sentirle parlare di quello che accadeva in reparto. La mia Sara si è liberata da sola di quel tormento, non sopportava più quei comportamenti. E ora mi fa senso sentire che il giudice di Trento ha sentenziato che “il fatto non sussiste”».
La sua Sara che non si riesce più a trovare..
«Sono passati ormai quasi quattro anni da quel 4 marzo 2021, le ricerche non si sono mai interrotte, eppure non ci sono indizi, non so proprio come sia possibile: è disarmante per me non trovarne il corpo ma la sento vicina e presente nella mia vita».