La sentenza
martedì 16 Gennaio, 2024
di Davide Orsato
Venne trovato mentre stringeva il collo della moglie (ormai ex) con una corda perché non accettava la separazione, fermato per miracolo da un operaio che, poco lontano, stava facendo dei lavori e ha sentito le urla. Nei giorni precedenti aveva detto ai quattro venti che voleva farla finita. Poi che la «voleva ammazzare». Nel suo bagagliaio sono stati trovati un coltello, una bottiglia di benzina, una di acido muriatico, un paio di manette e una corda. Tutto il necessario per mettere in atto le peggiori intenzioni. Tutto questo avveniva il 25 novembre del 2022. Ieri, quasi quattordici mesi dopo, è arrivata la sentenza: l’uomo, originario dell’alta Val di Non, già in carcere a Spini, poi trasferito ai domiciliari è stato condannato a sei anni di reclusione. Dovrà, inoltre, rifondere i familiari, l’ex moglie e i figli, con 41 mila euro. La sentenza, letta dal giudice per l’udienza preliminare Marco Tamburrino (il processo è avvenuto con il rito abbreviato, a porte chiuse) commina metà della pena richiesta dal pubblico ministero Patrizia Foiera: 13 anni e sette mesi di reclusione. L’uomo è stato riconosciuto colpevole di tentato omicidio, atti persecutori (stalking) pluriaggravati e di possesso illegale di armi ate a offendere. C’era una quarta accusa, inoltre, quella di lesioni gravi che è stata ricompresa all’interno del del reato di tentato omicidio. Riconosciute, però, le attenuanti generiche, per aver interrotto l’aggressione. Inoltre, ieri l’imputato, tramite i suoi legali Andrea de Bertolini e Giovanni Rambaldi ha versato quindici mila euro all’ex moglie e cinquemila euro ai due figli (2.500 a testa): un gesto che è stato valutato come volontà risarcitoria.
Duello in aula
L’udienza, ieri, chiusa al pubblica, è stata molto combattuta. A prendere la parola, oltre agli avvocati difensori del quarantenne, l’avvocato di parte civile, Nicola Zilio. Intervenuti poi diversi consulenti e periti di parte. Al vaglio del giudice anche sei testimonianze di persone residenti nel comune di Borgo d’Anaunia, dove è stato commesso il fatto. Hanno riferito le parole che avrebbe detto in diverse occasioni l’imputato, le sue minacce, sia di suicidio, sia quelle apertamente riferite alla ex, pronunciate, tra le altre cose, anche a una cena di coscritti molto partecipata, un mese prima dell’accaduto. Testimonianze che hanno avuto un ruolo chiave per la condanna dell’uomo.
L’aggressione
Secondo la ricostruzione dei fatti emersi grazie alle indagini dei carabinieri di Cles,
quel giorno di novembre, l’uomo si sarebbe recato in una frazione di Borgo d’Anaunia per tendere un agguato mortale alla donna. Ma il suo piano era già pronto da settimane, da quando la compagna se n’era andata da casa portandosi dietro i figli, senza mostrare nessuna intenzione di ricucire il rapporto. quanto emerso dalle indagini dei carabinieri della compagnia di Cles l’uomo non aveva nascosto a nessuno, né alla moglie che gli aveva chiesto la separazione, né ad amici e conoscenti, quel piano di morte che stava programmando da settimane. L’intenzione cioè di uccidere la compagna, che se n’era andata di casa con i figli e che non aveva alcuna intenzione di ricucire il rapporto. Non solo: avrebbe anche manifestato in giro l’intenzione di procurarsi un’arma da fuoco, una pistola, Del resto, già da tempo non dava tregua all’ex, che stava perseguitando i tutti i modi (presentandosi sotto casa, minacciandola al telefono): da qui l’accusa di stalking.
«Nessuna scusa»
Fatta salva la decisione di risarcire parzialmente la vittima (il giudice ha aggiunto altri quindicimila euro per la moglie e seimila euro per i due figli), da parte dell’aggressore — si apprende dalla parte civile — non è arrivato nessun segno di ravvedimento. Né nessun tipo di scuse sarebbe stato presentato all’ex moglie, quella che, a detta sua, voleva morta. La vicenda presenta grosse similitudini con altre storie di violenze familiari, non ultimo il recente femminicidio avvenuto a Montalbiano di Valfloriana. In quest’ultimo caso, l’uomo che si sarebbe rivelato l’omicida aveva fatto sapere di volerla fare finita, senza però fare temere per la vita della donna.
Al momento non sono stati annunciati ricorsi in appello, che potrebbero arrivare sia dal fronte della difesa, sia dal fronte della pubblica accusa, visto il divario tra pena richiesta e pena comminata.