la sentenza

martedì 19 Marzo, 2024

Terrorismo legato ad Isis: condannato a 4 anni Mines Hodza, il jihadista di Nago

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Sono invece cadute le accuse per la compagna, di tre anni più giovane, della provincia di Siena, che il23enne aveva sposato in moschea ma non per questo considerata moglie dallo Stato italiano

L’impianto accusatorio, per quanto «limato» dal giudice, alla fine ha retto e a Mines Hodza, ragazzo di 23 anni dell’Alto Garda, ieri — al termine del processo con rito abbreviato che gli ha concesso lo sconto di un terzo della pena — sono stati inflitti 3 anni e 8 mesi di reclusione. Anche in base alle attenuanti generiche concesse per la collaborazione dimostrata con gli inquirenti. Il pm Davide Ognibene aveva sollecitato quasi il doppio per lui e cioè 6 anni e 2 mesi. Di fatto si tratta della prima sentenza emessa in Trentino per terrorismo legato all’Isis con tanto di detenzione di materiale esplodente, per l’accusa con le stesse finalità. Una condanna che l’avvocato Marcello Paiar potrebbe anche appellare.
Sono invece cadute le accuse per la compagna, di tre anni più giovane, della provincia di Siena, che Hodza aveva sposato in moschea ma non per questo considerata moglie dallo Stato italiano: il giudice per l’udienza preliminare Gianmarco Giua l’ha assolta «per non aver commesso il fatto», riconoscendo che non c’era stata partecipazione da parte sua (la Procura aveva chiesto per lei invece una condanna a 4 anni). E se la giovane, assistita dall’avvocato Danilo Lombardi, è in libertà, il perito chimico è ancora agli arresti domiciliari a Nago (ristretto da un anno e 9 mesi). E ieri, fuori dall’aula, per il tempo dell’udienza, c’era il padre ad attenderlo.
Le accuse della Procura
I due, kosovari nati e cresciuti in Italia, stando a quanto era stato imputato loro, sarebbero stati degli aspiranti jihadisti che stavano progettando di fare un attentato in Trentino, servendosi di ordigni esplosivi, in nome dell’organizzazione terroristica «Stato Islamico». Le contestazioni erano quelle di terrorismo, arruolamento e addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale. Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del Ros Hodza, dai primi contatti Instagram e Telegram, avrebbe intrapreso il percorso di radicalizzazione, grazie alla propaganda jihadista sul web, apprendendo le tecniche militari e terroristiche su canali social «nascosti». Il suo obiettivo sarebbe stato quello di diventare un combattente. Un foreign fighter. Per l’accusa si allenava in camera da letto, si sarebbe procurato abiti militari. E, ancora, per gli inquirenti, si era rasato i capelli e fatto crescere la barba, «come gli islamisti kosovari». A un suo contatto in Rete – secondo gli accertamenti – avrebbe detto di aver bisogno della sostanza per fare una «torta» (la bomba) anche se aveva confessato di «non essere sicuro di riuscirci». E avrebbe chiesto copia del manuale di sopravvivenza per i combattenti. Aveva deciso di affiliarsi, confesserà al gip, «per sentirmi dire che ero bravo, che valevo qualcosa». Con l’attentato avrebbe dimostrato la sua fedeltà all’Islam. E avrebbe anche «arruolato» la fidanzata. Ma nel corso dell’udienza davanti al gup ha smentito, dicendo che non avrebbe fatto nulla, concretizzato alcunché.
C’è poi il capo d’imputazione sui materiali sequestrati dai carabinieri del Ros al 23enne, rinvenuti in un suo deposito nella zona di Riva del Garda a giugno 2022, quando era stato sottoposto a fermo. Il necessario, per l’accusa, per realizzare un ordigno. L’imputato si sarebbe procurato il tutto nell’azienda chimica in cui lavorava allora. Ma proprio sui materiali, sulla loro natura e potenzialità, c’era stata battaglia in aula tra il consulente chimico di parte (della difesa) e i carabinieri del Ris di Parma per il pm Ognibene.
Reati derubricati dal gup
In sentenza il gup Giua ha ridimensionato in parte le contestazioni, riconoscendo il reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico oltre a quello di fabbricazione o detenzione di materie esplodenti sempre con le stesse finalità e con il vincolo della continuazione. Ha inoltre condannato l’imputato a pagare le spese processuali e disposto la confisca del materiale che gli era stato sequestrato.