Val di Sole

domenica 18 Giugno, 2023

Testa di pecora all’imprenditore, allevamenti al setaccio

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Le ricerche estese a un raggio di 60 chilometri. La lettera con minacce di stampo mafioso inviate ai Ris di Parma. Si valuteranno misure di protezione per l'uomo e i suoi familiari

Passano anche attraverso gli allevamenti di ovini della val di Sole e oltre le indagini dei carabinieri avviate dopo il rinvenimento, avvenuto all’alba di venerdì a Dimaro, di una testa di pecora mozzata riposta in un sacchetto e lasciata sull’uscio di casa di un imprenditore del settore ortofrutticolo. Una macabra scoperta ancora più inquietante per la presenza di un biglietto, intriso del sangue dell’animale, contenente pesanti minacce ritenute dalla Procura di Trento di matrice mafiosa. L’inchiesta aperta dal procuratore Sandro Raimondi e dal pubblico ministero Davide Ognibene è infatti per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, oltre che per uccisione di animale. «Questo te lo manda la famiglia che non scorda l’infamata, la prossima volta ti mandiamo la testa di tuo figlio» la traduzione del testo scritto a pc, in un mix di dialetto siciliano e calabrese. Messaggio, questo, riportato su un foglio A4 che verrà inviato ai carabinieri del Ris di Parma per essere analizzato in laboratorio, a caccia di eventuali impronte o tracce biologiche che possano fornire indizi utili per risalire all’autore o autori.
Aree e percorsi da individuare
I carabinieri della compagnia di Cles, assieme ai colleghi del nucleo investigativo di Trento a cui la Procura ha delegato le indagini, al momento non tralasciano alcuna ipotesi e si stanno muovendo su più fronti. Anche, appunto, passando al setaccio le segnalazioni e le denunce di furto e smarrimento di ovini avvenute nell’ultimo periodo. Allargando il raggio della ricerca ad allevamenti e greggi che si trovano anche a cinquanta, sessanta chilometri da Dimaro. L’obiettivo è quello di capire da dove sia stato prelevato il capo che è stato sgozzato (e a cui hanno avuto l’accortezza di tagliare l’orecchio con il microchip, con i dati quindi del proprietario). Sapere dove sia stato preso l’animale permetterà agli investigatori di restringere il campo e cercare traccia del percorso effettuato dal responsabile o dai responsabili anche nelle immagini delle telecamere private e pubbliche della zona riconosciuta ed eventualmente anche nei varchi elettronici stradali. Per individuare quindi gli eventuali mezzi usati, ma anche un identikit dell’autore o degli autori che almeno nell’ultimo tratto, per scaricare davanti casa il sacchetto contenente la testa di animale, potrebbero essersi mossi a piedi. A quanto pare il sospetto degli inquirenti è che la pecora fosse stata sgozzata poco prima il ritrovamento: lo desumono dalla presenza di sangue fresco nel sacchetto di plastica e dal fatto che lo stesso abbia macchiato anche il foglio. L’eventuale conferma (o smentita) spetterà comunque all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie a cui è stata inviata la testa mozzata. Un aspetto, questo, che porta ad ipotizzare che chi ha agito lo abbia fatto con cognizione, sapendo che l’imprenditore era solito uscire attorno alle 4.30 per iniziare la sua giornata lavorativa. Imprenditore che sarebbe stato quindi tenuto d’occhio per un po’, per monitorare le sue abitudini e quelle di moglie e figlio impegnati nell’azienda di commercio ortofrutta, e forse anche dei suoi dipendenti.
Sacchetto ben «sigillato»
Da quanto trapela poi la testa mozzata sarebbe stata ben «confezionata» nel sacchetto di plastica (anche questo inviato ai laboratori del Ris di Parma). Con un involucro quindi quasi ermetico che non solo ha scongiurato di lasciare tracce di sangue in giro ma anche di svelare il raccapricciante contenuto. Tanto che quel sacchetto, che sarebbe stato appunto chiuso scrupolosamente bene, è stato portato dall’uscio di casa, dove è stato trovato, fino alla vicina azienda dove è stato aperto dall’imprenditore. Il quale, una volta aperto, sconvolto, allarmato, impaurito, ha chiamato i carabinieri della compagnia di Cles che lo hanno raggiunto in breve e che hanno acquisito e sequestrato il tutto. Gli stessi militari hanno anche raccolto le prime testimonianze: dell’uomo, 55 anni circa, provato dall’agghiacciante «sorpresa», e della moglie, che era con lui. Ma non solo. Le indagini — che vedono in campo anche i carabinieri del Ros, Raggruppamento operativo speciale — proseguono a ritmo serrato e spaziano dall’ambiente lavorativo alla vita privata dell’imprenditore, al momento senza tralasciare alcuna pista.
La segnalazione al Commissariato di Governo
Il passare delle ore non ha certo stemperato la paura e la comprensibile irrequietezza del grossista destinatario, all’alba di venerdì, dell’inquietante avvertimento che in Trentino non conosce precedenti. Lui, noto imprenditore della val di Sole, nel settore ortofrutticolo da una vita, anche ieri al telefono ha manifestato il suo stato d’animo. Agitato, turbato. Molto teso. Assalito da tante domande che al momento non trovano risposta, dal terrore che quelle spietate minacce si possano concretizzare, che possa essere fatto del male ai suoi cari. Al figlio in particolare, come riportato nel biglietto.
La Procura di Trento, già venerdì, si è premurata di informare il Commissariato di governo dello scioccante episodio. Commissariato che, considerate appunto le circostanze, il tenore delle minacce subite, valuterà, in sede di comitato, se attivare eventuali misure a protezione dell’uomo e dei suoi parenti. Quali, per esempio, la scorta. Dispositivi comunque mirati a garantire la sicurezza e l’incolumità della famiglia di Dimaro presa di mira da persone senza scrupoli.