L'INTERVISTA
mercoledì 1 Novembre, 2023
di Simone Casciano
Con una metà di cuore a Roma, una a Trento e con gli occhi su Los Angeles. Passano così questi giorni d’autunno per The Niro, nome d’arte di Davide Combusti. Il cantautore capitolino sarà a Pergine venerdì 3 novembre dalle 18.30 per la rassegna Note a margine. L’associazione Il Giardino Segreto ha organizzato una serie di eventi nel foyer del teatro. Appuntamenti intimi in cui conoscere più da vicino gli artisti. The Niro sarà il primo ad esibirsi. Per lui tornare in Trentino è un po’ come tornare nella sua «seconda casa», impossibile però che ogni tanto il pensiero non corra al di là dell’oceano Atlantico, a quell’America e alle sue promesse che hanno sedotto tanti italiani un secolo fa. The Niro infatti è stato nominato per ben due Grammy Awards, i premi più importanti del panorama musicale mondiale. Merito di un disco, «Un mondo perfetto» il suo quinto album, intimista che parla a tutti. Disco che sarà al centro della sua esibizione a Pergine.
The Niro, la rassegna del Foyer di Pergine promette una veste tutta nuova, che concerto sarà?
«Io di solito non faccio scalette dei concerti, soprattutto quando si tratta di un set in acustico come in questo caso. Cambio scaletta ogni volta e con 5 album all’attivo e molti inediti posso dire che il repertorio ormai è bello corposo, difficilmente replico. Sarà anche un’occasione per raccontarmi un pochino. Una cosa che di solito non faccio mai, di solito tendo ad andare dritto dalla prima canzone fino alla fine e lascio che sia la musica a parlare per me. Ma visto il contesto intimo di questo evento qualcosa la voglio raccontare».
Il suo ultimo album si intitola «Un mondo perfetto». Titolo impegnativo nel contesto attuale?
«Si impegnativo. Ma il senso è che il mondo perfetto lo troviamo paradossalmente nell’accettazione della sua imperfezione. Nell’abbandonare la pretesa che possa essere perfetto e mai forse come in questo momento siamo stati così lontani da un’ipotetica perfezione. Questo album mi ha portato fortuna. Il singolo Replay è stato finalista al Premio Tenco come miglior canzone dell’anno. Sono felice perché ci ho messo tutta la mia emotività».
I critici hanno definito l’album «una ricerca della felicità in dieci tracce», concorda?
«La musica per me è sempre elaborazione di momenti di vita, anche negativi. Attimi che si scontrano con la felicità. La musica può essere un trasformatore che prende momenti negativi e generare qualcosa di bello. Ascoltando la canzone ricordo il momento del dolore, ma poi il brano dona gioia. Posso dire che la musica mi ha risparmiato tanta terapia. Amo questo potere che la musica ha su di me e sugli altri».
Possiamo dire che questo è il suo disco della pandemia?
«In realtà è stato pensato prima, elaborato durante e registrato dopo la pandemia. Quando è iniziato la scaletta era diversa, 5 brani su 10 li ho scritti durante il lockdown».
E ora sono arrivate anche due candidature ai Grammy Awards.
«Si, in pratica i Grammy funzionano in maniera diversa dal Premio Tenco, a quello ti iscrive la casa discografica. Per i Grammy invece sono i membri dell’Academy a proporti. Mi hanno scritto per dirmi che ero stato selezionato. Il 10 novembre si scoprono i 5 brani finalisti. Fino ad allora mi permetto di sognare. Non mi era mai successo di essere nominato, nemmeno con gli album in inglese. Mi fa piacere sia successo con un album in italiano, forse suono più esotico (ride)».
Ha già preso i biglietti per Los Angeles?
No no (ride), sarebbe bello ma parto dall’idea che non succede e lascio che tutto mi stupisca in positivo».
Viene spesso in Trentino, ha un rapporto privilegiato con questa terra?
«Si io sono di Roma, ma è da tanti anni che vengo qui. In Trentino ho trovato una seconda famiglia, tanti amici. Ogni volta che suono qua per me è un concerto, ma anche una rimpatriata. Mi fa piacere trovare questa accoglienza, raramente ho trovato un contesto così familiare».
Lei è rimasto fuori, stilisticamente, dalla grande onda dell’Indie italiano. Come mai?
«L’indie di adesso è molto distante da quello che faccio io. Nel senso che i testi hanno molta più importanza della musica, e spesso si tratta di cose semplici che arrivano subito. Io mi sento cantautore, certo, ma quello che amo di più è la musica e amo l’idea di stupire con essa. Questo non significa essere complicati, ma ricercare soluzioni non banali. Voglio sempre fare musica che io stesso ascolterei in macchina, la musica indie di oggi la trovo un po’ semplice. Detto ciò, ci sono musicisti bravissimi, come Laszlo de Simone o Lucio Corsi, che stanno dentro a quel movimento facendo una musica complessa e ricercata».