La storia

giovedì 17 Agosto, 2023

Thomas Mosca, malgaro a 21 anni. «Sono nella natura e trasformo il latte. È la mia felicità»

di

Caderzone, la vita controcorrente del giovane
Thomas Mosca

Thomas Mosca, per gli amici Thommy ha 21 anni e dalle sue parole traspare forte l’attaccamento al suo lavoro di casaro, allevatore e agricoltore. Questa mattina Thomas ha iniziato la giornata a Malga Stabolone in val Daone «alle quattro» orario nel quale molti suoi coetanei stavano per rincasare, costantemente attaccati a chat e social network, mentre lassù a 1900 metri di quota il cellulare prende «davvero poco». Parlare con lui è un piacere, non è un giovane diverso dagli altri – ai quali la sua scelta potrebbe apparire «tanto radicale» – per lui fare il «casaro-agricoltore» come ama definirsi è l’essenza della sua vita e dei suoi sogni. «Ci sono sacrifici, lavoro 7 giorni su 7 riposi a parte, ma riesco a gestirlo bene e deciderne l’orario».

Thomas, da dove nasce la sua passione?
«È cresciuta nel tempo. Alle elementari passavo il tempo con nonno Agostino che aveva alcuni animali da cortile, alle medie con i miei amici passavamo il dopo-scuola in mezzo agli animali dei loro genitori. Il grande dilemma dei giovani è decidere cosa fare finite le medie. Ero tentato di andare alla scuola del legno a Tesero, mi piace lavorare il legno, poi ho scelto il percorso professionale agroalimentare a San Michele all’Adige. Nei primi due anni ho conosciuto tutte le trasformazioni agrarie: vinificazione, birrificazione, panificazione, lavorazione carni e latte, nei due anni successivi ho approfondito la trasformazione del latte: sono tecnico nella trasformazione agroalimentare nell’indirizzo lattiero-caseario. Il primo latte l’ho trasformato nel laboratorio della scuola per nove ore a settimana, da 300 litri di latte ho imparato a fare vari tipi di formaggi, poi ci sono stati i tirocini».

E i tirocini come sono stati?
«Molto utili. A primavera 2017 ero al caseificio Alpe del Garda, producevo fino a 2500 pezzi al giorno della famosa Formagella di Tremosine e nel pomeriggio ero in stalla. Nell’autunno 2018 ero all’agritur Maso Pan a Caderzone Terme, dove lavoro tutt’ora affiancato da Giovanni Mosca, il mio vero maestro. L’estate successiva a malga Montagnoli a Campiglio per la famiglia Polla a occuparmi del bestiame. Il Covid ha accorciato a due settimane il tirocinio di marzo 2020 all’agritur Le Mandre a Bedollo sull’altopiano di Pinè. Lì ho deciso il mio lavoro futuro. Da Marco, maestro di accoglienza e professionalità, ho migliorato la tecnica, affinato il contatto coi clienti e le capacità di vendita».

Quindi un casaro, agricoltore?
«Sì. A giugno 2020 mi sono diplomato e ho ricevuto due proposte di lavoro. Casaro al Montagnoli per la famiglia Polla o in Svizzera. La coda del Covid unita alla voglia di rimanere vicino a casa, mi han fatto accettare la proposta della famiglia Polla. È stata una buona scelta, dopo una stagione mi hanno assunto fisso, faccio il secondo a Giovanni Mosca e, quando è in ferie mi occupo del caseificio di Maso Pan, o come ora sono in alpeggio».

Com’è il lavoro a Maso Pan?
«Le mie giornate variano. Quando seguo il caseificio con Giovanni iniziamo verso le 6 a trasformare circa 1000 litri al giorno di latte della nostra azienda, provenienti da 70 vacche razza Rendena munte al mattino e alla sera. Produciamo 11 tipi di formaggi, dal FontalPan al formaggio del Maso, dal Grana a formaggi freschi come primosale, caciotte, ricotte, dal burro allo yogurt naturale per Maso Pan e spaccio interno. Nel pomeriggio seguo la stagionatura dei formaggi e poi in stalla, dove c’è sempre da fare».

In alpeggio è diverso?
A Malga Stabolone in val Daone siamo saliti il 15 giugno e restiamo 90 giorni, si scende poche volte a valle. Certi comfort non ci sono, però la compagnia non manca, siamo quattro ragazzi giovani compreso Martino figlio di Mauro Polla. Siamo a 50 chilometri da Caderzone Terme dove, ogni due settimane portiamo il formaggio a stagionare. Il lavoro inizia alle 4.30, ho 100 vacche in lattazione e produco formaggio di malga con una stagionatura minima di 5-6 mesi, in parte verrà marchiato “Formaggio trentino di Malga” ideato dalla Camera di Commercio per valorizzare i formaggi a latte crudo delle malghe trentine. Fino a metà luglio ho trasformato 1200-1300 litri di latte al giorno con due lavorazioni giornaliere come una volta: caldaia di rame alimentata a legna, che procuriamo nel bosco e scalda anche l’acqua per la casina. Il gruppo elettrogeno c’è solo per alimentare le mungitrici alle cinque di mattina e di sera e la vasca del latte. Dal 15 luglio il latte si è ridotto a 7-800 litri. Molte vacche partoriranno in autunno e quindi vanno in asciutta poi, il primo mese l’erba fresca è tanta e comoda, adesso i pascoli sono più magri e distano anche un’ora dalla malga. Finito di trasformare il latte mi occupo di tenere in ordine e puliti caseificio e casina e preparo il pranzo. In malga è sempre il casaro che fa il pranzo, quando posso faccio polenta carbonara, alla piastra è buona anche i giorni successivi. Ho parecchio da lavorare e non seguo le vacche come al Maso Pan, qui sono libere al pascolo giorno e notte e all’ora della mungitura vengo condotte alla malga. Gli orsi ci sono, ma non hanno ancora fatto danni».

Ti piace il lavoro?
«Sì, trasformo il latte e ne rispondo io. Qui in malga sono a contatto con la Natura. All’agritur Maso Pan mi piace il contatto col pubblico, mi occupo anche di visite guidate, dove spiego a persone che non ci conoscono la nostra realtà aziendale. Di tutto questo ringrazio la mia famiglia, papà Marcello e mamma Nicoletta, hanno sempre appoggiato le mie scelte, che hanno comportato lo star via di casa per settimane quand’ero a san Michele e per mesi in malga. A Maso Pan Mauro (Polla ndr) e Rosa che mi trattano come fossi un loro figlio e il Battista come suo nipote».

Ha un sogno nel cassetto?
«Aprire qualcosa di mio, prima possibile. Vorrei trovare una casa vicino al paese, allevare una decina di vacche, trasformare il latte, dare la possibilità alle persone di venirmi a trovare e fermarsi nel piccolo garnì».