IL RACCONTO
venerdì 10 Maggio, 2024
«Mio figlio lo stava aspettando…». È sotto choc Gilberto «Gibo» Simoni. Ha saputo da poche ore della tragedia. È stato uno dei primi a ricevere la notizia, non solo perché abita a Palù di Giovo, dove è avvenuto l’incidente, ma perché suo figlio Enrico stava aspettando Matteo Lorenzi in sella alla bicicletta.
«Dovevano trovarsi dopo scuola, ma non arrivava più», prosegue Simoni, dopo una pausa di qualche secondo, carica di incredulità. Matteo correva insieme a suo figlio nella Montecorona, la squadra che ha visto crescere lo stesso «Gibo» e l’altro grande campione trentino del ciclismo Francesco Moser. «Era il suo primo anno nella Juniores di Montecorona — dice Simoni, due volte vincitore del Giro d’Italia (nel 2001 e nel 2003) — Matteo era un fenomeno, come lo sono tutti i ragazzi a quell’età».
Suo figlio e altri compagni di squadra lo stavano aspettando in strada, a Palù di Giovo. «Era una bella giornata di sole, avevano deciso di farsi un giro dopo pranzo — dice Simoni — Si trovavano spesso per allenarsi». Una tradizione, quella della Juniores, «che sta sparendo — continua Simoni — La Montecorona è una delle poche squadre che continua a portarla avanti». E Matteo era una delle giovani leve. «Non ho memoria di un incidente così drammatico», conclude Simoni.
A Maurizio Fondriest, già campione del mondo in linea, viene subito in mente la caduta in cui è rimasto coinvolto Federico Iacomoni, ciclista ventunenne di Gardolo. Un incidente che ci riporta indietro di qualche mese, allo scorso novembre. «Iacomoni è stato centrato in pieno da un’auto che stava sorpassando quattro macchine, sempre in val di Cembra. È stato miracolato», dice l’ex campione trentino. «È vero, siamo sulle due ruote, quindi c’è una componente di fatalità — aggiunge — Ma c’è anche una componente di incoscienza di chi guida senza pensare che si possono ammazzare persone».
Fondriest non conosceva direttamente la giovane vittima, ma è in contatto con la storica squadra Montecorona. «Provo una sensazione davvero brutta, era così giovane. In questo momento il pensiero va alla famiglia», dice. Nelle parole di Fondriest trapela un profondo dispiacere per la morte di un giovane ragazzo, ma anche una certa rabbia. «Non è possibile che un ciclista debba rischiare la vita ogni volta che si mette in strada — considera — Qualche tempo fa, nella zona in cui si è verificato l’incidente, stavo facendo una strada in discesa e dietro avevo una macchina che continuava a suonare il clacson, poi ha sorpassato alcune auto rischiando di fare un frontale. Non dico che si debbano fare ciclabili dappertutto, ma non si può guidare con questa incoscienza».