Maltrattamenti
domenica 18 Giugno, 2023
di Benedetta Centin
La sua parola era legge. Un marito e padre padrone che pretendeva di avere il controllo su tutto e tutti in famiglia e di essere assecondato. Se non era così volavano insulti, offese pesanti. Rivolte alla moglie — vessata di continuo dal punto di vista psicologico, in qualche occasione anche percossa — ma pure ai due figli, che anche se di pochissimi anni, venivano denigrati con pesanti epiteti e pure sbeffeggiati per il loro comportamento, proprio della loro età. Lui, trentenne trentino, con la mania del controllo, era per un’educazione rigida dei figli e non accettava che la compagna, sua quasi coetanea, non concordasse. E capitava che l’uomo scaricasse dall’auto il figlio di tre anni, «reo» di aver fatto i capricci, assieme alla moglie e mamma, dicendo loro: «Ora ve ne tornate a piedi». O che rinchiudesse in camera per mezz’ora, e al buio, il piccolo di tre anni che non aveva mangiato tutto quello che aveva nel piatto a cena. E non c’erano lacrime che impietosissero l’uomo. Anche alla compagna riservava un comportamento «dittatoriale». Se, per esempio, mancava l’olio in tavola le urlava contro. E se passava troppo tempo con i figli la redarguiva, perché a suo dire la donna doveva invece dedicarsi al lavoro. E non passava giorno che non la screditasse a parole, dandole della stupida e della poco di buono. Un incubo da cui la donna è uscita, o almeno ha pensato di esserci riuscita, con la separazione, andando a vivere altrove con i figli. Ma non è stato così. Il trentino, che si era sempre dimostrato geloso e possessivo, ha mantenuto la sua mania di controllo. Tanto che era arrivato a piazzare uno dei suoi cellulari, usando del nastro adesivo, sotto l’auto di lei. La quale lo aveva scoperto per caso, facendo manutenzione alla vettura. Lo stesso uomo in altre occasioni aveva usato un rilevatore gps e pare sia riuscito anche ad entrarle in casa. Tutto per controllarla, per monitorare spostamenti e pure frequentazioni. Anche se non era più affar suo, se erano separati. Abbastanza, per la donna, una volta scoperto di essere costantemente sotto controllo, per formalizzare denuncia. Il trentino, assistito dall’avvocato Patrizia Galvagni, finito a processo per maltrattamenti aggravati, messi in atto tra 2019 e 2022 nei confronti della donna ma anche alla presenza e in danno dei figli minori, è stato condannato dal tribunale di Trento a due anni e otto mesi di carcere (la Procura aveva chiesto una pena di due anni e due mesi). E al risarcimento di 6 mila euro all’ex che si era costituita parte civile con l’avvocato Nicola Zilio (la richiesta era di 4 mila, una cifra simbolica, a dimostrazione che non c’era volontà di lucro). L’uomo da oltre un anno è sottoposto al divieto di avvicinamento, all’ex moglie e ai figli. Misura, questa, emessa dal gip su richiesta della Procura. Lo stesso trentenne, già ammonito dal questore, era finito a processo anche in precedenza, per fatti relativi a 2018 e 2019, ma la donna allora, ancora sposata con lui, aveva sminuito e ritrattato gli episodi. Tanto che il tribunale lo aveva assolto. Ma non questa volta.
l'incontro formativo
di Redazione
Il 20 novembre alla Fondazione Mach l'evento di approfondimento riservato ai datori di lavoro i cui dipendenti potrebbero essere esposti al rischio di incontrare, durante il proprio lavoro, un orso o un lupo