Il report

giovedì 17 Ottobre, 2024

Trentino, impennata di reati commessi da minori: + 66% in un solo anno

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I dati del ministero vedono Trento con gli stessi numeri di molte città del Sud

Nel giro di un anno sono cresciuti di due terzi. Rispetto al 2022 sono addirittura raddoppiati. Da inizio dell’anno al 30 di settembre, nove mesi tondi, ben 183 minori sono stati presi in carico dagli uffici di servizio sociale per i minorenni, gli Ussm, organo del ministero della Giustizia, che pubblica mensilmente questi dati. Sono gli autori — o presunti tali — di reato, non recidivi ma che si sono fatti conoscere per la prima volta dalla macchina della giustizia italiana. Per Trento, il cui Ussm locale corrisponde al territorio provinciale, è un numero colossale: a Cagliari (che segue tutta la Sardegna meridionale), Messina sono 40 di meno, in una città delicata come Reggio Calabria, 186, appena tre in più. A Milano 227, ossia a malapena un 25 per cento in più. Nel capoluogo trentino la crescita è stata imponente: i minori presi in carico, alla stessa data dell’anno scorso, erano 110, l’anno precedente, al 15 ottobre, 97. Contestualmente, aumenta, anche se in modo meno marcato, il totale dei minori seguiti, contando anche le pratiche degli «nni precedenti: sono 387, erano 340 a settembre 2023 e, al 15 ottobre 2022, erano 294. Pesa, in questo caso, il trasferimento in strutture per adulti.
Effetto Caivano
L’aumento, seppur in modo meno spiccato, si vede anche in altre località italiane, ed è figlio della stretta arrivata, un anno fa, con il decreto Caivano e che ha visto aumentare i detenuti negli Ipm, gli istituti penali minorili, del 16,8% in un anno. Il Trentino Alto Adige non ne ospita nessuno, i minorenni autori di reati particolarmente gravi finiscono nella struttura di Treviso che è la più affollata d’Italia: 22 ragazzi su dodici posti regolamentari. Il grosso di chi finisce in stato di detenzione (inclusa la comunità) è accusato di reati contro il patrimonio, furti e rapine, ma crescono anche i procedimenti per lesioni. Risultano invece in calo, a livello nazionale, i minorenni accusati di rissa e percosse.
«Giovani disconnessi»
La situazione è ben nota a chi, col disagio giovanile è a stretto contatto. Tra questi professionisti ci sono anche gli assistenti sociali. «I numeri sono preoccupanti — spiega la neopresidente dell’ordine del Trentino Alto Adige Elisa Rizzi — c’entrano sicuramente le nuove regole introdotte di recente, ma è anche un fenomeno sociale. Tanti giovani lottano contro un crescente senso di solitudine e isolamento. A distanza di ormai qualche anno è pacifico che le chiusure determinate dalla pandemia di Covid hanno influito negativamente. Tanti ragazzi e ragazze si trovano disconnessi dal tessuto sociale e affettivo. E questo li rende vulnerabili».
Cosa fare? «In Trentino, le istituzioni stanno investendo, giustamente, molte risorse per andare incontro ai più anziani. Bisognerebbe vedere un maggior impegno anche tra i più giovani». Dunque: prevenzione — che però si traduce in un certo impegno economico. E, magar, più personale. Le strutture per minori ne sono a corto, di recente c’è stato un concorso che dovrebbe far arrivare qualche nuovo assunto anche a Trento. Ma per Rizzi c’è anche un aspetto culturale su cui è più difficile agire. «Purtroppo, nel nostro lavoro quotidiano, notiamo come molte famiglie siano a corto di strumenti educativi. Manca l’ascolto e la capacità genitoriale. Davanti a certe situazioni critiche non possono fare altro che rimuovere i fatti. Come se non esistessero. Intervenire, in questi casi, è ancora più difficile».