Il personaggio
giovedì 10 Agosto, 2023
di Alberto Folgheraiter
Era uno dei preti più anziani della diocesi, don Marco Giuliani, morto martedì 8 agosto nella Casa di riposo del Clero presso il seminario Maggiore a Trento. In verità, gli spettava il titolo onorifico di «monsignore» poiché dal 2003 era canonico arcidiacono della cattedrale di Trento. Tuttavia, don Giuliani, che era nato a Dambel, in val di Non, il 2 dicembre 1927, doveva la propria notorietà soprattutto per essere stato per 26 anni parroco della comunità di San Pietro.
Nel 1977 era subentrato a don Dante Clauser, indimenticato fondatore del «Punto d’Incontro», il «prete dei barboni», che gli ha lasciato una pesante eredità. Erano gli anni del dopo concilio, dei fermenti nel mondo cattolico che cominciava a confrontarsi con la defezione del clero e le crescenti richieste di «riduzione allo stato laicale» da parte di preti e religiosi in crisi. Sull’altro versante si prospettavano i primi segnali della secolarizzazione che avrebbe portato alla chiusura dei seminari, alla radicalizzazione delle posizioni di gruppi interni o collaterali alla Chiesa (dai Carismatici, ai Focolarini, a Comunione e Liberazione), allo sfarinamento della partecipazione ai riti della religione cattolica romana.
Don Marco Giuliani, che era stato ordinato prete nel 1951 dall’arcivescovo Carlo de Ferrari (1941-1962), sotto il pontificato di Pio XII (1939-1958), prima di approdare in San Pietro, a Trento, aveva alle spalle una robusta esperienza pastorale. Viceparroco ad Aldeno (1951-1955), poi sostituto del parroco di San Pietro (1955-1959), parroco ai Solteri, dal 1959 al 1969, dopo che la zona a nord del centro cittadino era diventata parrocchia autonoma (1955).
Con quella comunità visse e subì l’alluvione del novembre 1966. Ebbe la chiesa dedicata ai martiri Anauniesi (fabbricata tra il 1958 e il 1962) parzialmente sommersa dall’esondazione dell’Adige. Il parroco si rimboccò le maniche, provvide ad avviare i restauri che furono conclusi nel 1974. Nel frattempo era stato nominato parroco a S. Agnese di Civezzano (1970-1973), poi rettore, per due anni, della chiesa di S. Francesco Saverio, in via Roma a Trento. Con le dimissioni di don Dante Clauser (1977) don Giuliani divenne titolare di S. Pietro, la parrocchia dell’antica «contrada todesca» e nella quale si predicò, per secoli, «in lingua alemanna». Non fu un’eredità facile, anche perché don Dante godeva di grande popolarità ed affetto.
Il settimanale della diocesi, «Vita Trentina», scrive oggi che don Giuliani raccolse il testimone di don Clauser e si dedicò alla sua nova comunità «con un’attenzione spiccata ai problemi del centro storico e del disagio giovanile». Raccolse anche l’eredità della «gloriosa istituzione oratoriana di San Pietro che ha mantenuto e rilanciato puntando sull’aiuto di molte famiglie». Quale decano della città (dal 1979 al 1984) aveva collaborato con gli altri parroci «per avviare esperienze di carità al servizio dei più poveri e per lanciare ai cristiani della città proposte significative per vincere l’anonimato cittadino».
Aveva appena messo piede nella parrocchia di S. Pietro che, il 27 settembre 1977, vi fu la tragica rapina alla Banca Nazionale del Lavoro con tre morti: il maresciallo Francesco Masciarelli e due dei quattro rapinatori (Levrone e Virdò). Quindici anni dopo, il 10 aprile 1991, toccò a don Giuliani consolare i genitori di Andreina Maestranzi, 18 anni, la studentessa del liceo scientifico «Galilei» pugnalata sulla porta di casa, in largo Carducci, e uccisa con 22 coltellate da un suo compagno di scuola, Massimo Michelacci. Episodi di cronaca che avevano scosso la città e segnato anche la vita del sacerdote.
Dal 1994 al 2008 don Giuliani fu presidente della Casa del Clero dove divenne ospite fisso dal 2017 quando la salute e l’età cominciarono a manifestare i primi cedimenti. Marco Giuliani fu un buon prete e fu un uomo buono. Ne rammentano il sorriso e la bonomia coloro che, nei suoi 72 anni da prete, lo hanno avuto come punto di riferimento pacato e sereno. Domattina, in Cattedrale a Trento, il funerale alle 10. Nel pomeriggio l’ultimo saluto, a Dambel, suo paese natale, dove sarà tumulato.
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