Storie
venerdì 24 Gennaio, 2025
Trento, da 4 anni sotto i ponti: migrante tenta il suicidio
di Sara Alouani
Il 28enne salvato da una volontaria e da uno studente di origine marocchina che si è rivolto a lui così: «Anche io sono stato senza casa, proprio come te»
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Una storia a lieto fine che oggi avremmo potuto raccontare con un epilogo diverso, drammatico, figlio di una piaga sociale che viene riassunta in un binomio ormai entrato nel lessico di tutti i gironi: «emergenza casa». Un concetto che parte dall’assenza, dalla mancanza, dall’impossibilità di avere un tetto sotto il quale ripararsi nei freddi giorni di pioggia, di un letto dove poter dormire che non siano cartoni raccolti dalle isole ecologiche dei supermercati (senza farsi vedere). Un’assenza che lacera tanto da far impazzire e desiderare la morte come unica soluzione per avere un po’ di pace.
Martedì scorso uno dei tanti ragazzi «senzatetto» aveva deciso di porre fine a questa sofferenza gettandosi dal ponte di San Lorenzo e mentre attendeva il momento giusto per farlo, o forse cercava semplicemente il coraggio di compiere un gesto così estremo, gridava: «Se non trovo un posto, allora voglio morire». Quel ragazzo di 28 anni, di origine marocchina, martedì non si è gettato nel vuoto «ma come andrà a finire per quei cento disperati che non hanno alcuna possibilità di trovare un letto?» si interroga Giulia Giovannini, insegnante di italiano per stranieri, volontaria, alla Scuola «LiberaLaParola» di Trento che ha assistito alla drammatica scena, dopo essere stata avvertita al telefono.
«Mentre stavamo facendo lezione d’italiano, come ogni martedì – racconta – mi chiama un amico che chiede aiuto urgente: “Sono sul ponte di san Lorenzo, c’è un ragazzo marocchino che vuole buttarsi nell’Adige”». Giovannini non ci ha pensato un attimo e «preso uno dei nostri studenti, quello che parla bene italiano e che ci può aiutare come interprete» si fionda sul posto indicato al telefono. Arrivati al ponte, la prof e il suo studente notano subito il ragazzo, in preda al panico, assalito da uno stato confusionale tra gesticolazioni e «grida» spiega Giovannini ma poi si corregge «non erano proprio delle grida…». Una situazione difficilissima da descrivere a parole. A quel punto, lo studente (anche lui di origine marocchina) intraprende una conversazione in arabo con il 28enne «con una calma, una bravura, un’empatia fuori dal comune» continua. Da quel breve domanda e risposta, grazie alla traduzione dello studente, Giovannini ha potuto capire che quel ragazzo viveva in strada da quattro anni. «Ad un certo punto gli ha detto: “anche io sono stato senza casa, proprio come te”. Ed è stata questa la frase che ha centrato il segno, che ha colpito al cuore e che ha indotto il 28enne a fare un passo indietro. Forse, l’essere compreso, capito, il non sentirsi abbandonato gli ha permesso di respirare, anche se per pochi secondi, il profumo dell’umanità.
«Nel frattempo – prosegue – abbiamo chiamato i soccorsi, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine che sono subito arrivate per gestire la situazione e prendere in carico il giovane». Ma la volontaria tiene a raccontare ancora un ultimo aneddoto: «Uno degli intervenuti sul ponte ha chiesto al ragazzo se fosse ubriaco». Una domanda alla quale Giovannini non ha potuto non rispondere: «Dopo quattro anni in strada penso berrei anche io». Una risposta che ha trovato la sintonia dell’interlocutore : «Ha ragione. Noi siamo troppo privilegiati».
Al momento non sappiamo che fine abbia fatto quel giovane di 28 anni che con ogni probabilità sarà tornato ad essere un fantasma tra i fantasmi. E nemmeno Giovannini lo sa. Ha voluto raccontare questa storia con un post sui social e che ci prega di non trattarla come un evento «strappalacrime» ma come punto di partenza per «una riflessione collettiva» sul problema del disagio sociale e sulla condizione dei senzatetto «quando chiuderanno i dormitori invernali». Perché, quando si tratta di posti letto, è doveroso ricordare e ricordarci che non parliamo di numeri ma di persone.
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