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giovedì 4 Maggio, 2023

Trento Film Festival, Zebenay Jabe Daka: «L’Etiopia è un esempio di pacifica convivenza per tutti»

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Quest'anno è il secondo Paese africano ospite al Trento Film Festival nella sezione «Destinazione» dopo il Marocco, che presenziò nel 2019

Siamo quasi alla fine della 71 esima edizione del Trento Film Festival, più di settant’anni sono passati dal lontano 1952, anno in cui il Festival venne proposto in città per la prima volta. E pensare che l’Etiopia è solo il secondo Paese africano ospite della rassegna trentina dedicata alla cinematografia, preceduto dal Marocco nel 2019 e il presidente dell’Associazione «Amici per l’Etiopia» Zebenay Jabe Daka non perde l’occasione per ricordarlo. «Soddisfazione immensa» è questo il primo commento di Zebenay che proprio grazie al supporto della sua associazione, fondata a Trento nel 2011, segue tutti gli eventi legati alla sezione «Destinazione…Etiopia». Ad aprire il Festival per il mondo etiope, la conferenza sulla Cooperazione italiana in Etiopia tenutasi il 28 aprile scorso e che ha trattato tematiche molto sensibili come la malasanità in Africa e l’importante collaborazione dell’Italia nella creazione di infrastrutture locali come la costruzione della grande diga di Benishangul-Gumuz. «Il progetto -spiega Zebenay- è capitanato dalla ditta milanese Salini Costruttori e una volta completato, darà vita alla più grande centrale idroelettrica in Africa, nonché la settima al mondo per grandezza». E tra le vicende di cooperazione raccontate dal presidente di origine etiope anche l’emozionante storia della diciottenne Alemwork che tutti ricorderemo, poiché la Provincia di Trento, proprio lo scorso gennaio su richiesta dell’associazione «Amici dell’Etiopia», aveva acconsentito a pagare le cure mediche per un intervento al cuore all’ospedale Santa Chiara. Sono stati molteplici gli eventi che «Amici per l’Etiopia» ha organizzato nei minimi dettagli durante gli scorsi quattro mesi, eventi che hanno registrato il tutto esaurito, laddove la partecipazione era a numero chiuso. «Abbiamo fatto sold out per la cena etnica ‘I sapori dell’Etiopia’ che abbiamo dovuto replicare alle ore 21 dello stesso giorno perché c’erano oltre 50 persone». Sold out anche per ‘la cerimonia del caffè etiope’ di lunedì scorso che anche in questo caso, lo staff del Trento Film Festival ha chiesto di riproporre nella giornata di domenica 7 maggio a causa delle numerose richieste di partecipazione. «La parola caffè -chiarisce il presidente- deriva dal nome della Regione etiope Kafa. Al giorno d’oggi – continua- si pensa che il caffè nasca in Brasile o in Colombia ma in realtà la storia del caffè parte dall’Etiopia» e la cerimonia del caffè, che si terrà nuovamente a Palazzo Roccabruna, illustrerà passo dopo passo tutti i passaggi della produzione del caffè, dalla macinatura alla bollitura per poi essere servito ai presenti. Particolarmente colorata ed eterogenea nei suoi usi e costumi, l’Etiopia è un esempio di convivenza assoluto. Con più di 80 lingue dialettali parlate e due religioni predominanti, il cristianesimo e l’islam, oltre al protestantesimo «i 120 milioni di abitanti vivono in pace l’uno con l’altro e festeggiano gli uni le feste religiose degli altri» spiega Zebenay. A dimostrazione delle numerose etnie che popolano il Paese, ieri in Piazza Fiera ha avuto luogo un vero e proprio «fashion show» dove decine di abiti caratteristici hanno sfilato portando in Trentino in poco più di un’ora tutte le culture e modi di vestire dell’Etiopia. «Dopo questo spettacolo e dopo questo Festival – ha affermato Zebenay – spero che le persone non abbiano più pregiudizi. Sono stati tantissimi i ringraziamenti e gli apprezzamenti durante tutta la rassegna e credo che il messaggio più importante, quello dell’interreligiosità e della pacifica convivenza tra popoli sia arrivato anche a Trento». Chiude con questo commento molto positivo il presidente di «Amici dell’Etiopia» e ricorda che la cooperazione italiana, e più nello specifico trentina, è sempre all’opera per poter offrire un futuro migliore a chi è meno fortunato come gli orfani di Wolayita per i quali l’associazione sta ultimando la costruzione della Casa d’infanzia del Bambino Gesù.