Il lutto
giovedì 18 Gennaio, 2024
di Sara Alouani
Una terribile quanto inaspettata notizia ha travolto le vite di Amedeo Gaudio e sua figlia Silvia che martedì sera hanno dovuto dire addio ad Anneliese Nett, 73 anni, a pochissimi giorni da quello che doveva essere un momento di estrema gioia e che lo stesso Amedeo aveva raccontato a «il T» lo scorso 6 gennaio: l’apertura del bar «Caffè Nettuno» in piazza Duomo. Nulla faceva presagire che la moglie e compagna di una vita sarebbe morta, stroncata da un malore improvviso, anche se, precisa Amedeo «aveva problemi al cuore da anni». I funerali si terranno domani alle 11 al cimitero di Trento. La coppia nel 2026 avrebbe festeggiato mezzo secolo insieme, ebbene sì, 50 anni sono passati da quel lontano 1976 e da quella foto ricordo dell’Oktoberfest a Monaco «e che ho perso», ammette sconfortato Amedeo, che siglava pochissimi mesi di frequentazione. «Era una di quelle foto che vengono scattate in automatico quando centri il cecio con il fucile a piombino», spiega il sessantaseienne in balia di un fiume di emozioni, tra lacrime, sorrisi e malinconia. «Dietro di me – dice descrivendo l’immagine ben impressa nella sua mente – c’era Anneliese, con la quale uscivo da pochi mesi. Peccato non sappia più dove l’ho messa». Si erano conosciuti nell’hotel della capitale della Baviera dove entrambi lavoravano: lei tedesca, bionda, precisa, puntigliosa, puntuale; lui un ragazzo di Palinuro immigrato in Germania alla ricerca del riscatto e di coronare il grande sogno di gestire, un giorno, un locale tutto suo. E forse, è proprio vero che gli opposti si attraggono e questa è una storia che lo conferma: «Ad attrarmi – racconta Amedeo – fu la sua mentalità, così diversa dalla nostra, precisa e seria». Dieci anni dopo, nella primavera del 1986, il matrimonio al mare e nel 1988 la nascita di Silvia ed una nuova vita insieme in Trentino con il primo bar, aperto insieme, in Largo Medaglie d’Oro e poi al caffè Italia in piazza Duomo. E sarebbe stata al fianco di Amedeo anche nella nuova avventura al caffè Nettuno.
Sul lavoro è stata per Amedeo la migliore partner di sempre «era un computer – ricorda- riusciva a prendere ordini da 5 o 6 tavoli senza adoperare la penna, teneva tutto a mente». Una macchina al lavoro, ma Anneliese, fuori dal bar, che la figlia Silvia definisce «il suo elemento», era anche una donna generosa e una mamma premurosa e amorevole, che ha dato tutto l’amore possibile immaginabile, «tutto l’amore del mondo» singhiozza con difficoltà Amedeo. Si fa coraggio anche Silvia, ormai trentacinquenne, che ricorda la donna non solo come una madre ma anche come «un’amica, una confidente, una compagna di risate e di scherzi». Una madre che ha saputo non mollare nemmeno difronte alle difficoltà della giovane figlia, «nel bene e nel male – conclude Silvia – è stata al mio fianco ed ha creduto in me, sempre, nonostante non le abbia reso la vita facile».