il caso

martedì 18 Marzo, 2025

Trento, un detenuto denuncia: «Io stuprato da tre uomini». La difesa: «Falso». Esame del dna sul bastone

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I presunti fatti sarebbero accaduti a Spini a ottobre. Il pezzo di manico di scopa che avrebbero usato verrà analizzato dai carabinieri del Ris di Parma. Gli indagati sono stati trasferiti

Seviziato nel carcere di Spini di Gardolo dove era recluso, abusato a turno da altri tre detenuti che avrebbero usato anche un pezzo di manico di scopa.
Questa l’agghiacciante denuncia fatta da un cittadino dell’Est Europa di 33 anni ad ottobre scorso, a seguito della quale era stato anche sottoposto a visita medica e aveva riportato da referto alcuni giorni di prognosi. La Procura di Trento allora aveva aperto un’inchiesta e iscritto sul registro degli indagati i tre uomini, di 33, 34 e 65 anni, anche loro dell’Est Europa, con l’ipotesi di violenza sessuale di gruppo. Tutti loro già al tempo erano stati trasferiti di penitenziario e raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere del giudice.
Gli indagati: «Non è vero»
«È una bugia, non c’è stata alcuna violenza, quello si è inventato tutto» la versione degli indagati che respingono la pesante contestazione. Uno in particolare, con il proprio difensore, l’avvocato padovano Fabio Targa, starebbe valutando di presentare denuncia querela per calunnia nei confronti del connazionale che ha accusato lui e gli altri due detenuti. Lo scopo? A detta degli indagati (gli altri sono difesi dagli avvocati Annamaria Gagliardi e Mirella Cereghini) il 33enne avrebbe trovato un pretesto per allontanarli e poter così continuare indisturbato a spacciare all’interno del carcere. Questa almeno la versione di chi ora si trova a difendersi da un reato che pesa come un macigno.
Determinante, in questa fase, sarà l’esito delle analisi sul pezzo di bastone che la prossima settimana verranno delegate ai carabinieri del Ris di Parma (Reparto Investigazioni Scientifiche). Un reperto, questo, su cui verranno svolti accertamenti in laboratorio alla ricerca di dna, quindi della prova. E non si può ancora escludere che vi siano anche dei testimoni oculari da sentire, da cui raccogliere elementi probatori.
Presunta vittima sentita
Altro passaggio fondamentale nel corso delle indagini preliminari è l’audizione della presunta vittima, che è stata disposta nella forma dell’incidente probatorio, così da poter cristallizzare la sua versione. Il 33enne, anche lui nel frattempo spostato in un altro penitenziario, è stato sentito ieri e ha ribadito di aver subito violenza sessuale dai tre connazionali che aveva conosciuto solo in carcere. Prima ci sarebbero state le attenzioni morbose, poi le molestie, quindi i veri e propri abusi, nel momento in cui le celle erano aperte e i detenuti erano quindi liberi di spostarsi. Il tutto nell’arco di tre giorni, con lo stupro di gruppo che sarebbe stato perpetrato solo nell’ultimo giorno, e da parte di tutti e tre i detenuti, a turno, non solo quindi di due come invece affermato in un primo momento. A quanto pare il 33enne, rispondendo alle domande di pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari, avrebbe spiegato che il più vecchio degli indagati avrebbe fatto da palo, bloccando l’accesso alla cella mentre gli altri due abusavano a turno di lui. Ma si sarebbero poi alternati e quindi anche il 65enne avrebbe finito per approfittare di lui. E nelle fasi successive avrebbero infierito anche con un pezzo di manico di scopa. «Il mio assistito, che non parla e non capisce bene l’italiano, solo ieri, grazie all’interprete, ha potuto esprimersi nella sua lingua rendendo dichiarazioni, spiegando bene i fatti» riferisce il legale della presunta vittima, l’avvocato vicentino Federico Menegardi, giustificando così le «rettifiche» su tempi e responsabilità rispetto a quanto denunciato nelle prime fasi dal proprio assistito.