Il personaggio
giovedì 29 Giugno, 2023
di Ambra Visentin
«Prima o poi i giovani voteranno i rappresentanti politici che avranno il coraggio di prendere le giuste decisioni». Michil Costa – albergatore, presidente della Maratona dles Dolomites e autore del libro FuTurismo, parla di un futuro nel quale «tutti capiranno, anche i turisti, che le Dolomiti devono diventare un parco naturale chiuso al traffico privato». Ciò che può sembrare un semplice auspicio, una visione utopica, è per Costa in realtà «una direzione obbligata».
Ci addentriamo nella proiezione e chiediamo ulteriori dettagli su quali misure dovrebbero essere adottate per contrastare il fenomeno del sovraffollamento turistico. L’overtourism sta mettendo in ginocchio il Trentino-Alto Adige e in generale le mete turistiche di tutto il mondo, con il conseguente impatto sul clima e sulla qualità della vita di chi vive nelle località turistiche. «Le Alpi sono un’icona. Hanno un valore che va rispettato. Dobbiamo contingentare e introdurre tempi di prenotazione di 7 anni. Con un tale obbligo le persone sceglieranno di soggiornare più a lungo, una volta arrivato il momento di partire. Sono opzioni che già esistono, si pensi al Concerto di capodanno a Vienna)». Si tratta di un tipo di gestione del turismo che non potrà che rivelarsi sempre più necessario, poiché i flussi sarebbero destinati ad aumentare, in base anche ai cambiamenti geopolitici: «Finirà l’era di Xi Jinping e di altri regimi e allora i cittadini di quei Paesi riscopriranno la libertà di movimento». Chi può raggiungere il fresco delle Dolomiti sarà anche una questione di merito, introducendo un sistema che attribuisce un punteggio in base all’impronta ecologica della persona. Più CO₂ si produce, più il sogno di distendersi sui prati delle Alpi dovrebbe farsi distante. Come attuare, in concreto, un simile sistema di monitoraggio e selezione? Semplice, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. «Siamo già in qualche modo controllati. Usiamo questa mancanza di libertà in positivo». Per fare ciò Costa propone di utilizzare applicazioni simili a quelle che, ad esempio, valutano il contenuto del frigo e inviano una richiesta automatica al fornitore una volta terminato un certo prodotto. «Con un’applicazione similare potremmo calcolare quanta carne viene consumata e questo andrebbe ad incidere sul conteggio della produzione di CO₂ della persona». La carne viene, infatti, considerata come uno degli alimenti a più alto impatto ambientale.
Per alleggerire la propria impronta, occorre intraprendere una serie di azioni che ci portano ad uno sviluppo personale più ecosostenibile, una transizione ecologia dell’individuo. Sorge spontaneo chiedersi se potrebbe subentrare il rischio che le persone con minor disponibilità economica non possono recarsi in vacanza, non potendo permettersi, ad esempio, investimenti in costose auto elettriche e ristrutturazioni edili della propria abitazione. «Il problema è sì ecologico, ma anche di presa di coscienza». Costa fa riferimento in questo caso ad un altro importante fattore che compone l’impronta ecologica: la scelta dei prodotti di consumo. Le opzioni, spiega, sarebbero in realtà molte e riguarderebbero la scelta di comprare abiti e automobili di seconda mano, come quella di acquistare prodotti stagionali e limitare il consumo di carne.
Per l’imprenditore la presa di coscienza e il cambio di marcia riguarda anche gli stessi operatori turistici: «Sono consapevole che il mio mestiere è poco ecologico. Per questo da anni faccio molta attenzione, nei miei alberghi, a quello che viene offerto da mangiare agli ospiti». Niente più prodotti di grandi multinazionali, dunque, o fragole a Natale e nemmeno strudel di mele a giugno. Niente speck, perché i maiali «vengono dall’Ungheria, dall’Olanda o dalla Germania». Anche il consumo del suolo e l’aumento dei posti letto non dovrebbero essere più permessi e «occorrono meno hotel a 5 stelle e più a 2 o 3 stelle, proprio per permettere a tutti, anche alle persone meno facoltose, di trascorrere una vacanza in strutture più piccole e autentiche». In futuro il turismo dovrà tornare anche ad avere un volto umano, con «meno piscine e più persone capaci di fare accoglienza». Manca una cultura della calma, anche per il turista, abituato, ai primi segni di maltempo, a «scappare in auto verso la prossima destinazione»