L'intervista

domenica 12 Gennaio, 2025

Ubaldo Scanagatta: «Con Tommasi e Clerici ho raccontato 150 Slam. La telecronaca dallo studio? Non mi piace»

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Il giornalista di tennis: «Sinner può rivincere Melbourne. Il caso doping? Sarà assolto, è innocente»

Ubaldo Scanagatta, a 75 anni, dimostra che con una penna si possono ancora smuovere le montagne. Il popolare giornalista di tennis, 180 Slam alle spalle da inviato per tv, giornali e oggi Ubitennis, testata online di cui è fondatore e direttore, ricordando il grande Rino Tommasi – suo maestro, scomparso mercoledì a 90 anni – ha proposto alla Federtennis di dedicare un campo del Foro Italico proprio a Tommasi e a Gianni Clerici, leggendaria coppia di tante telecronache tennistiche prima su Capodistria e poi Telepiù e Sky. La proposta, diventata petizione su Change, ha raccolto già migliaia di adesioni. E, svela Scanagatta – che intercettiamo al telefono tra un volo e l’altro mentre sta raggiungendo Melbourne per seguire l’Australian Open al via domani («Sinner è favorito e lo vedo almeno in finale» pronostica) – «mi hanno contattato autorevoli colleghi, da Bruno Vespa ad Aldo Cazzullo, da Andrea Scanzi a Massimo Gramellini, che la condividono e la rilanciano».
Scanagatta, lei stesso però ha ricordato che il presidente della Federazione Binaghi aveva un pessimo rapporto con Tommasi, che si era candidato contro di lui nel 2000. Ti ascolterà?
«Sarebbe un gesto che tutto sommato gli farebbe onore. Binaghi dimostrerebbe che non è vendicativo: si staccherebbe dal primo Binaghi, il Binaghi di allora, e dimostrerebbe che c’è un secondo Binaghi. Lo dovrebbe a Clerici e Tommasi, due maestri del giornalismo e del tennis».
Peraltro sono passati quasi 25 anni da quella vicenda…
«Ma Tommasi non voleva mica essere eletto, decise all’ultimo momento di candidarsi e non fece nemmeno campagna elettorale. Si propose solo formalmente perché pensava che in nessuna elezione può esserci un solo candidato. Il fatto è che Binaghi non lo conosceva abbastanza, credeva fosse pretattica. Direi che ora di chiudere quella storia, Rino adesso non c’è più e Gianni se ne è andato quasi tre anni fa».
Per te erano due gemelli diversi.
«Clerici era uno storyteller, creativo, fantasioso, immaginifico, uomo coltissimo. Come sosteneva Calvino: “Uno scrittore prestato allo sport”. Tommasi privilegiava la razionalità, i numeri e la loro interpretazione, in un’epoca in cui non c’era internet. Arthur Ashe rivelò a Rino: “Senza di te non avrei mai saputo che avevo perso 17 volte di fila da Rod Laver”».
Clerici, Tommasi, Scanagatta e Roberto Lombardi: voi eravate la «squadra» di Telepiù e Sky negli anni ‘90 e primi 2000. Giravate il mondo, oggi le telecronache sono trasmesse dagli studi di Milano.
«Non mi piace, come non piaceva a Clerici. Gianni voleva essere sul posto. Con lui e Rino ho fatto 150 Slam. Se commenti dallo studio non cogli tanti aspetti fondamentali di una partita di tennis: non sai se c’è vento, se c’è caldo, se c’è rumore, non parli con il giocatore o con lo staff prima. Hanno tagliato gli inviati per ragioni economiche, ma se fossi direttore di una tv che punta molto sul tennis almeno 5-6 tornei l’anno li farei seguire dal vivo».
Tommasi ci ha lasciato dopo una malattia che lo ha messo 13 anni fuori scena. Gli sarebbe piaciuto il tennis atletico di oggi, lui che era un esteta innamorato di Edberg?
«Ci sono ancora dei tennisti “antichi”, penso a Musetti. E ogni epoca ha i suoi campioni: dopo McEnroe e Borg si pensava che tutto fosse finito e invece sono arrivati Lendl, Becker ed Edberg. Idem dopo Sampras e Agassi e invece eccoti Federer e Nadal e poi Djokovic. Quindi si divertirebbe ancora, certo. Pensa con Sinner e sei italiani nei primi 50 del mondo. Pur rifiutando, come ha sempre fatto, la logica dell’imbonitore».
Ha scritto che Tommasi vi raccomandava: «Se un match è brutto, non dite che è bello».
«Non siamo venditori di tappeti, aggiungeva. Piuttosto pensava che il bravo telecronista sa trovare delle chiavi di interesse anche in una partita è noiosa».
Sta volando a Melbourne per gli Australian Open. Sinner ha ammesso di pensare alla vicenda Clostebol, con la sentenza del Tas di Losanna prevista ad aprile. Lo condizionerà?
«Non credo. È da tanti mesi che convive con questa situazione e nel 2024 ha espresso il suo miglior tennis, perdendo solo 6 partite e dimostrando una solidità mentale straordinaria. Lui è fenomenale. E il sorteggio, a parte il primo turno, che è sempre il più delicato, non gli è andato male, visto che Alcaraz, Zverev e Djokovic sono dall’altra parte del tabellone. Se batte Jarry all’esordio poi ha la strada in discesa. Se è il Sinner dello scorso anno, è favorito e lo vedo in finale. Spero non contro Zverev».
Perché?
«Il tedesco tecnicamente è l’unico oggi alla sua altezza, se non più forte, sulla diagonale di rovescio e lo può mettere in difficoltà al servizio. Il problema di Zverev è che è poco solido, ma se arriva in finale superando Alcaraz o Djokovic sarebbe gasato e più carico mentalmente».
Come si pronuncerà secondo lei il Tas di Losanna sul ricorso della Wada, l’agenzia mondiale antidoping?
«Premesso che considero Sinner innocente e quindi non meritevole di squalifica, se dovesse essere squalificato c’è una grande incertezza su quella che dovrebbe essere la sanzione giusta».
La Wada non mette in discussione la moralità di Sinner, ne contesta la negligenza, quindi si tratta di valutare se c’è o meno responsabilità oggettiva.
«Se ti danno responsabilità oggettiva, nei termini di legge significa almeno un anno di squalifica. Capiamo bene che sarebbe una pena sproporzionata, anche rispetto al cambio di indirizzo che la stessa Wada ha deciso di adottare dal 2027. Ma se dovessero dargli solo 3 mesi, significa allora che è la Wada la prima a non rispettare le regole che si è data. Quindi secondo me finisce che non gli daranno nulla. Magari mi illudo, ma c’è anche un’altra ragione che mi conforta…».
Più «politica»?
«Se squalificano Sinner un anno, la Wada si inimicherebbe per sempre anche la Itia (International Tennis Integrity Agency, ndr), che invece lo ha assolto. Vogliono questo? Mi sembra strano, ok che Wada deve tutelare la propria immagine, ma se fa questo si rovescia addosso un oceano di critiche. Per questo sono ottimista».