Femminicidio
giovedì 27 Luglio, 2023
di Benedetta Centin
Poco più di un anno fa, a maggio 2022, Lorenzo Cattoni era stato condannato dalla Corte d’Assise di Trento a 24 anni di carcere, ritenuto colpevole dell’omicidio volontario pluriaggravato della moglie Deborah Saltori, uccisa a colpi d’accetta e coltello. Delitto, questo, che l’agricoltore aveva confessato e che era avvenuto a Cortesano, frazione di Meano, nel febbraio 2021. Ma la sentenza di primo grado non è stata impugnata dalla difesa del 41enne e, decorsi i termini previsti per procedere, è diventata definitiva. Irrevocabile. Circostanza, questa, che ha permesso agli stessi legali dell’uomo, gli avvocati Luca Pontalti e Alessandro Meregalli, di chiedere alla stessa Corte il riconoscimento, in vista di un possibile sconto di pena, del vincolo della continuazione in relazione ai due procedimenti diventati definitivi. O, meglio, al reato di omicidio e a quello, precedente, di maltrattamenti in famiglia. Accusa, quest’ultima, per la quale l’uomo era finito agli arresti domiciliari e aveva patteggiato due anni e otto mesi a giugno di due anni fa, quindi a omicidio consumato. Ma i giudici popolari e togati di Trento non hanno inteso riconoscere il vincolo: a loro dire non ci sarebbe stato un disegno criminoso comune ai due reati, almeno ai tempi dei maltrattamenti. Insomma, l’agricoltore di Cortesano non avrebbe pensato o programmato di uccidere la compagna quando, in balia dei suoi scatti d’ira, la aggrediva fisicamente e verbalmente, anche con pugni sferrati in pieno volto, anche quando lei era in attesa del loro bimbo. Maltrattamenti, questi, durati quattro anni, che però, a detta della Corte d’Assise, non sarebbero stati il preambolo dell’omicidio. Nessuna connessione insomma. Di qui il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione che ha visto sfumare la possibilità di uno sconto di pena per Cattoni. I suoi legali però sono convinti che ci siano i presupposti tanto che hanno annunciato il ricorso alla Corte di Cassazione.
L’omicidio «d’impeto»
Per il tribunale di Trento quel maledetto pomeriggio del 22 febbraio 2021 Cattoni, «persona sottomessa, preda di discontrollo degli impulsi», aveva agito «con dolo impeto, per uno scatto d’ira incontrollato». Senza, quindi, premeditazione. Aveva insistito per vedere Deborah Saltori — nonostante fosse ai domiciliari proprio per i maltrattamenti — nei suoi campi, nel “baito” di Cortesano dove era autorizzato a lavorare. La scusa era quella di darle l’assegno di mantenimento del figlio. Per i giudici «non è dato conoscere il motivo scatenante della furia omicida». Di certo, in balia di sostanze, Cattoni ha infierito sulla 42enne, con un colpo di accetta e con quattro coltellate, tentando poi di suicidarsi. «Mi è girata così la testa, c’avevo troppo piena» era stata la confessione dell’uomo finito in carcere e condannato anche a risarcire i parenti e i quattro figli della donna con oltre un milione di euro (parti civili assistite dagli avvocati Marco Vernillo e Tommaso Fronza).