L'intervista

lunedì 25 Novembre, 2024

«Un amico» va in scena a Trento, Sieni: «L’omaggio della danza alla storia di un’amicizia»

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Lo scenografo spiega il rapporto fra Brunello e Bosso

«Un amico». Due parole, ma con un significato profondo, quelle del titolo dello spettacolo che andrà in scena all’Auditorium Santa Chiara sabato 30 novembre alle 20.30. Al centro, chiaramente, un’amicizia, quella tra Mario Brunello, tra i violoncellisti più conosciuti e apprezzati in Italia, ed Ezio Bosso, compositore e direttore d’orchestra scomparso nel 2020. Un’amicizia il cui fondamento si ritrova nella musica, ma che verrà portata in scena in danza, grazie al lavoro del coreografo toscano Virgilio Sieni. Un omaggio al mondo della musica di Ezio Bosso, un viaggio tra le sue ispirazioni musicali fino ad arrivare alla sua Sonata «Roots» dedicata a Brunello. Danzatrici e danzatori condivideranno il palco con lo stesso Mario Brunello al violoncello e con Maria Semeraro al pianoforte, per coinvolgere il pubblico in una commistione tra danza e musica dal vivo e ricordare il Maestro Ezio Bosso entrando nel suo universo, riascoltando la sua musica, definita da Brunello «pura, onesta, costruita con poche note, ma con un potenziale espressivo nascosto, una carica esplosiva incontenibile, che anche un semplice fiore a pochi petali può avere». In scena Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Valentina Squarzoni e Linda Vinattieri della Compagnia Virgilio Sieni, firmata Centro Nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni, Ravenna Festival, Opera Estate Festival Veneto, Settimane musicali di Stresa e Festival Internazionale.
Sieni, per questo spettacolo ha lavorato insieme a Brunello, unendo la danza alla musica. Qual è stata la genesi?
L’idea di questo spettacolo è stata di Mario Brunello, dati tutti i trascorsi e la sua amicizia con Ezio Bosso. Mario mi ha proposto questo viaggio nella musica tra quelli che sono i brani di preparazione di tutto l’universo musicale di Bosso, quindi Messiaen, Bach, Cage per arrivare alla Sonata «Roots», ossia la musica che Bosso ha composto e dedicato a Brunello. Io ho accettato la proposta e scelto il titolo “Un amico” proprio perché era bello lavorare pensando a questa amicizia, creare un clima di lavoro fondato su questa sensazione».
«Un amico» racconta il rapporto tra Brunello e Bosso, entrambi musicisti, tanto che Brunello stesso definisce la loro “un’amicizia in musica”. Come questo spettacolo rende quest’amicizia, invece, in danza?
«Ciò che guida tutto lo spettacolo è proprio l’alone di amicizia tra il compositore e il violoncellista che viene resa in danza cercando quelle che sono le forme di vicinanza, prossimità, sostegno e aiuto proprie del rapporto amicale. È qualcosa che si svolge per tutta la durata in scena, in assolo così come in duo e in quintetto. È un’amicizia tutta giocata fisicamente, ricercando nei dettagli del gesto quelle che sono poi le forme di questo rapporto come la delicatezza e la dolcezza».
La danza riesce quindi a trasmettere sia il significato di affetto profondo, alla base dell’amicizia, sia il “vortice” – come lo definisce Brunello – che li ha colti ad un certo punto del loro rapporto?
«Sì. La danza ha degli sviluppi e in alcuni momenti, quasi come se fossero dei ritorni, diventa vortice in tutte le sue forme. L’amicizia è sostenersi anche nei momenti complessi della vita e quindi abbiamo cercato anche coreograficamente questa complessità, con i danzatori che si sostengono letteralmente alla ricerca di questa espressione».
Nelle note descrittive dello spettacolo lei afferma che la danza di «Un amico» porta a far pensare “il corpo come luce”. Perché?
«Mi piacerebbe tanto che il corpo venisse pensato ma anche praticato, ascoltato e sentito come luce. Nel senso che, coreograficamente, quando si lavora a livello di complessità e di memoria del gesto ci si trova come dentro a uno squarcio, a un abisso nel corpo, dove tutta la sostanza che pensavamo limitata a un certo punto appare più ampia. Questa è la complessità che si ricollega poi al rapporto amicale: scovare nuovi dettagli, gesti, possibilità coreografiche apre uno spazio di liberazione, che è lo stesso che esiste nell’amicizia».
In che spazio si muoveranno danzatori e danzatrici sul palco? Ci sarà una composizione particolare?
«La danza è adiacente e include gli strumenti musicali, il violoncello e il pianoforte, presenti in scena, sullo stage e non separati. La posizione dei due strumenti dà proprio senso al flusso delle varie parti coreografiche, in quanto i danzatori entrano sempre dallo stesso punto vicino al pianoforte, che funge quindi come porta d’accesso al palcoscenico, che appare a sua volta sgombro e illuminato non dall’alto, a pioggia, ma con luci disposte in diagonale».
Qual è il valore aggiunto di avere danza e musica simultaneamente sul palco?
«È molto delicata la situazione. In maniera tradizionale, per la conformazione del teatro all’italiana con la buca o fossa dell’orchestra, si usava posizionare gli strumenti altrove. Nei teatri contemporanei ed europei si lavora invece in una forma diversa. Ciò che aggiunge è prima di tutto un senso di spettacolo vivo, di corpi viventi e non mediati da niente, ma in presenza. Poi anche il fatto che la musica è ascoltata osservandone la provenienza, attraverso lo strumento che ha già di per sé una valenza enorme dal punto di vista dell’empatia. È una dimensione molto antica quella della musica dal vivo con la danza in presenza e il discorso è esattamente questo: far sì che questa vicinanza in scena sia un elemento fondante del contemporaneo».