Il servizio
domenica 20 Novembre, 2022
di Marika Damaggio
Ormai si sa: la violenza di genere ha radici lunghe e profonde. Replica sé stessa, di padre in figlio. Si annida fra le pieghe damascate dei salotti lussuosi e abita nelle periferie delle case popolari. Parla un ottimo italiano, in altri casi incespica. Indossa una camicia e una cravatta, oppure una tuta blu. È poco più che adolescente, ma persino matura. Non esistono censo e nazionalità quando si tratta di maltrattamenti, di botte alla compagna, di annichilimento verbale. Un fenomeno tanto complesso che richiede risposte altrettanto complesse, difformi. Ed è proprio per questo che, recependo la convenzione di Istanbul, anche l’Italia seppur in ritardo si è attrezzata per attivare centri per uomini autori di comportamenti violenti. Percorsi che, di pari passo alle preziose case rifugio per donne abusate e maltrattate, offrono corsi psico-educativi. Sull’uscio del governo di Mario Draghi, lo scorso settembre la Conferenza Stato-Regioni ha approvato lo schema di convenzione per attivare in tutto il territorio percorsi rieducativi rivolti a uomini autori di violenza. E così accadrà anche in Trentino. Dopo la prima delibera della Provincia, che stanzia 50mila euro per l’attivazione della struttura, l’assessora Stefania Segnana ha indicato anche le associazioni coinvolte: Fondazione Famiglia Materna e l’Associazione laica famiglie in difficoltà (Alfid) gestiranno il centro che troverà spazio a Trento. Ma i numeri, in virtù di una stretta collaborazione con la Procura, sono destinati a crescere e non sono escluse diramazioni territoriali dei corsi rieducativi.
Gli obiettivi
Il centro, così come definito dalla delibera attuativa, «sarà orientato a prevenire le eventuali recidive e favorire l’adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, contribuendo così alla possibilità di offrire maggiore sicurezza alle vittime di azioni violente da parte del partner o ex-partner». Nella sostanza, il percorso di gruppo si rivolge agli uomini autori di violenza fisica, psicologica, economica, sessuale o di stalking nei confronti delle loro partner o ex partner. L’obiettivo principale è quello di ridurre il rischio che si verifichino nuovi comportamenti violenti. Non solo: la realizzazione del servizio renderà strutturale la collaborazione con gli uffici giudiziari di Trento nell’analisi della propensione al cambiamento degli uomini denunciati per reati connessi alla violenza di genere. Ma se nel resto d’Italia questa è l’occasione per strutturare nuovi percorsi nei territori, il Trentino può già contare sull’esperienza affinata nel tempo da Alfid e Famiglia Materna. Già dal 2010, infatti, CambiaMenti ha guidato decine di uomini nella rielaborazione della violenza. Nel 2019, per dare un ordine di grandezza, hanno avuto accesso ai colloqui preliminari per accedere al servizio 24 uomini e di questi 16 hanno intrapreso il percorso. A questi vanno aggiunti i 7 uomini già in carico nel 2018 che hanno proseguito l’attività. Ancora: dei 25 uomini che hanno partecipato al percorso nel 2019, 22 erano padri.
CambiaMenti
«Il finanziamento del progetto – spiega Sandra Dorigotti, presidente di Alfid – è stato interrotto a marzo 2020 per la necessità di chiarimenti giuridici amministrativi, in seguito all’adozione della legge Codice Rosso (la 69 del 2019, ndr), che all’articolo 6 specifica che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero (…) sono a carico del condannato”». Una contraddizione, si potrebbe dire. Fatto sta che in Trentino come nel resto del Paese molti finanziamenti pubblici sono stati troncati per evitare cortocircuiti con la Corte dei Conti. CambiaMenti ha comunque proseguito la sua attività a Rovereto. «Dieci anni fa, quando abbiamo iniziato questo lavoro con gli uomini che hanno agito violenza – prosegue Dorigotti – l’esperienza era sperimentale, Firenze s’è attivata per prima nel 2009 con il Centro di ascolto uomini maltrattanti, in acronimo Cam. Si è quindi partiti scommettendo sul fatto che gli strumenti per ridurre la violenza nei confronti delle donne dovessero essere rafforzati». Quindi una nuova angolatura in addizione, mai in sottrazione, alle già indispensabili forme di sostegno alle vittime (case rifugio e centri antiviolenza in primis). «La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica è stata poi recepita dal Parlamento – prosegue Dorigotti – e la commissione d’inchiesta sul femminicidio, nella scorsa legislatura, ha individuato precisi interventi di sistema, anche sugli uomini». Le Regioni, nell’accordo dello scorso settembre che porta in dote 9 milioni di euro stanziati dal governo Draghi, si sono poi impegnate a dare seguito alle indicazioni del Parlamento, ossia avviare centri di recupero per uomini autori di azioni violente (in acronimo Cuav). Una dicitura misurata, che già evita d’inciampare nel sillogismo azione violenta ovvero uomo violento, lasciando dunque spazio al percorso riabilitativo.
Il centro a Trento
Con simili premesse anche l’attività di CambiaMenti tornerà a essere finanziata e potrà tornare a strutturarsi. «Il centro si chiamerà Cambiamenti Cuav Trento, per non disperdere il riconoscimento dell’attività condotta sino a qui» prosegue Dorigotti. Rimane quanto disposto dalla norma: chi è condannato deve pagare (il costo è di circa 2mila euro e il percorso, svolto nella modalità del confronto di gruppo prosegue fino a otto mesi). Quanto ai numeri, l’intesa con la Procura potrebbe allargare notevolmente l’utenza. «E non escludiamo di attivare ulteriori gruppi in provincia», conclude Dorigotti.