I retroscena
domenica 19 Maggio, 2024
di Simone Casciano
Come due binari paralleli che scorrendo, l’uno accanto all’altro, hanno portato alla stessa destinazione: l’arrivo di Chico Forti a Pratica di Mare che ha sancito il suo ritorno in Italia. Così due interlocuzioni diverse sono andate avanti nel tempo per raggiungere questo risultato: una pubblica e istituzionale, un’altra più privata. La prima è quella cominciata ancora a fine 2020 dall’allora Ministro degli esteri Luigi Di Maio quando in un’interlocuzione con l’allora Segretario di Stato americano Mike Pompeo fu delineata la struttura del passaggio di Chico Forti dagli Stati Uniti all’Italia. Quel lavoro, a cui contribuì anche l’allora Ministra della giustizia Marta Cartabia nello stendere il processo giudiziario per la conversione della sentenza, è ciò che ha reso così veloce gli ultimi passaggi: da quando Chico Forti è passato dalla custodia dello stato della Florida a quello federale del Dipartimento immigrazione. Ai tempi, fine dicembre del 2020, Di Maio disse che per il rientro di Chico Forti in Italia mancava ormai poco, ma non aveva fatto i conti con quello che si è poi rivelato un ostacolo quasi insormontabile: il governatore della Florida Ron DeSantis. Proprio lui infatti doveva firmare il trasferimento di Forti dal carcere della Florida alla custodia federale. A lungo però il governatore repubblicano si è rifiutato di farlo, secondo chi segue le vicende americane per due motivi principali. Innanzitutto per non intaccare la sua immagine di politico dal pugno duro sulla criminalità, proprio mentre correva alle primarie repubblicane per la leadership nel partito. In secondo luogo per non dare l’idea che, viste le sue lontane origini italiane, avesse voluto fare un favore ad un italiano. Come due erano i motivi che ostacolavano il trasferimento di Forti, altrettanti sono quelli che hanno portato poi alla sua estradizione. A fine gennaio DeSantis ha rinunciato alla corsa alle primarie repubblicane, spianando la strada alla ricandidatura di Donald Trump e facendo quindi venire meno il timore che il rilascio di Forti potesse essere usato contro di lui durante la campagna elettorale. C’è poi una data da tenere a mente, quella del 4 febbraio scorso. In quel giorno Andrea Bocelli, grande cantante lirico italiano che a lungo si è speso per la causa di Chico Forti, si esibì a Mar-a-Lago nella villa di Donald Trump davanti ad una platea gremita di repubblicani. Pare che in quella occasione Bocelli fece un appello pubblico per la liberazione di Chico dicendo: «Sarebbe un grandissimo regalo la liberazione di Chico Forti». Un messaggio arrivato anche alle orecchie di DeSantis. La svolta decisiva arriva poco meno di un mese dopo con l’annuncio della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della sua visita negli Stati Uniti. Indubbio che la premier si sia spesa in prima persona per questo risultato, sia attraverso le interlocuzioni ufficiali con la Casa Bianca, garantendo in Italia condizioni di custodia carceraria per Forti adeguate alla sentenza a lui comminata negli Stati Uniti, ma forse anche attraverso i suoi canali nel Cpac (Conservative Political Action Conference). La conferenza delle forze conservatrici di cui fanno parte sia Fratelli d’Italia sia i Repubblicani americani. È stata questa triangolazione a portare infine la penna del governatore della Florida Ron DeSantis a firmare il foglio che ha stabilito il passaggio di Enrico Forti dal carcere di Miami al Dipartimento per l’immigrazione. Da lì, visto l’ok di Washington, i tempi hanno subito una drammatica e risolutiva accelerata.