Occupazione
domenica 5 Maggio, 2024
di Margherita Montanari
La qualità del lavoro in Trentino è tra le più alte d’Italia. Secondo l’ultimo report realizzato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che utilizza diverse variabili – dalla soddisfazione personale sul posto di lavoro alla percentuale di precarietà, dal grado di istruzione rispetto al ruolo svolto alla percezione di sicurezza dell’occupazione –, Trento è tra i migliori territori in cui avere un impiego. Il punteggio ottenuto è 76,3 su 100, il quarto miglior risultato in Italia, dopo Lombardia, provincia di Bolzano e Veneto. Una fotografia positiva, che si scontra però con alcuni dati critici per il Trentino. Uno di questi riguarda le posizioni offerte, che richiedono qualifiche inferiori a quelle possedute da un lavoratore su quattro. Un elemento che contribuisce al mismatch tra domanda e offerta e, involontariamente, spinge i profili più qualificati lasciare la provincia.
Sovraistruito un occupato su 4
Secondo i dati Istat aggiornati al 2023, e aggregati dalla Cgia di Mestre, il 26,7% degli occupati è troppo qualificato. Significa che possiede un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati. Letto dalla prospettiva opposta, questo dato dice che il tessuto economico ha bisogno di lavoratori meno qualificati e offre quindi posizioni che rischiano di essere meno attrattive per lavoratori altamente qualificati, come i laureati. Il riflesso di questo si legge nell’importante emorragia di laureati (oltre 1.700 hanno lasciato il Trentino dal 2012 al 2021). Persone formate, spesso anche in provincia, che decidono di proseguire le carriere in altri posti. La richiesta di profili di lavoratori con qualifiche più basse è spesso associata anche ad una minor innovazione e a una minor produzione di valore aggiunto nelle imprese, prevalentemente piccole e piccolissime. Tutti elementi che sia le associazioni datoriali che i sindacati che l’amministrazione provinciale stanno monitorando.
I precari
Un altro aspetto preso in esame dalla Cgia per valutare il mercato del lavoro è l’insicurezza, reale o percepita, dell’occupazione. I precari – vale a dire alla percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni – in Trentino nel 2023 sono stati il 15,9% dei dipendenti a tempo determinato e collaboratori. La sicurezza dell’impiego percepita è alta: solo il 3,5% degli occupati giudica il proprio lavoro in bilico in prospettiva. Un altro fattore considerato è l’incidenza degli occupati non regolari (il 9,1%), un altro ancora quello del part-time involontario (coloro che nel 2023 hanno dichiarato di esser stati assunti con un contratto a tempo parziale pur cercandone uno a tempo pieno sono il 7,2% dei dipendenti). Si parla poi di paghe basse, che toccano in Trentino il 6,1% degli occupati (il dato risale al 2020). Infine, guardando al tasso di infortuni mortali e inabilità permanente ha toccato in Trentino 11,3 occupati ogni 10.000 contro una media nazionale di 10. Un dato che colloca la provincia nel gruppo di coda, quanto a sicurezza sul lavoro, a livello nazionale.
Trentini soddisfatti
Nel complesso, però, lavoratrici e lavoratori si sentono personalmente appagati sul posto di lavoro. Il parametro della soddisfazione tarato dall’Ufficio studi della Cgia considera un mix di valutazioni: sulla retribuzione, sulle ore lavorate, sulla stabilità del posto, le opportunità di carriera, la distanza casa-lavoro. E in provincia il 61,1% degli occupati si dice appagato. Il dato indica, secondo la Cgia, la capacità delle imprese di fidelizzare i propri collaboratori. Anche se si scontra con la continua fuga dal posto di lavoro, con 25mila dimissioni registrate in Trentino nel 2023. Quando l’offerta di lavoro è in forte aumento (in provincia la disoccupazione è ormai su valori fisiologici, intorno al 3,5%) e la domanda (forza lavoro) scarseggia, «le aziende si rubano i dipendenti migliori», riporta l’ufficio studi mestrino.