Università e ricerca
mercoledì 13 Settembre, 2023
di Simone Casciano
«Prendeteci sul serio» è questa la richiesta che il rettore dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, lancia alla politica. Alla giunta che attualmente governa la Provincia e a tutti i candidati che si presentano alle ormai imminenti elezioni. «Prendeteci sul serio» perché sembra essere passato sotto traccia il fatto che, nella scorsa primavera, per la prima volta in sessant’anni l’Università ha chiuso in passivo il suo bilancio. Un buco di 4 milioni di euro che, senza interventi strutturati e consistenti, è destinato ad allargarsi. «Abbiamo chiuso il bilancio 2022 con un deficit di oltre 4 milioni. E la previsione per il 2023 annuncia uno sbilanciamento ancora maggiore, che al momento stimiamo fra i 10 e i 15 milioni – spiega il rettore Deflorian – La causa di questo squilibrio è principalmente da ricercare nel costo del personale. Da un lato c’è l’adeguamento automatico degli stipendi al costo della vita, la cui indicizzazione non è coperta dai fondi statali; dall’altro l’aumento dei numeri del personale legato a progetti di sviluppo finanziati su base meritocratica. Una voce che viene solo parzialmente coperta da stanziamenti ministeriali». Questo quadro finanziario si inserisce nel particolare scenario che regola i finanziamenti all’ateneo trentino che dal 2012, grazie alla legge delega, sono in capo alla Provincia che è responsabile per la governance, il controllo e il finanziamento. Da allora la quota base di finanziamento, ossia la spesa corrente riconosciuta all’università, è rimasta ferma a 114 milioni di euro, mentre nel frattempo l’ateneo cresceva in numero di dipartimenti, professori e ricercatori e strutture. «Per noi ora è arrivato il momento di consolidarci, non pensiamo a ulteriori espansioni significative – commenta Deflorian – Ma abbiamo bisogno che il finanziamento all’Università rispecchi il suo status». Secondo il rettore il Trentino si trova di fronte a un bivio. Da una parte aumentare le risorse destinate all’Università riconoscendole il ruolo di investimento che arricchisce il tessuto economico provinciale e motore di sviluppo e crescita. Dall’altra parte invece considerarlo un costo e quindi non aumentare i fondi. «Io sono sicuro che tutta la politica voglia intraprendere la prima strada – commenta Deflorian – Ma se non dovesse essere così ci troveremmo costretti a tagliare le spese, a cominciare dal personale. E allora sarà impossibile avere un’università sempre in cima alle classifiche nella qualità della didattica e della ricerca, capace di attivare nuovi percorsi di apprendimento»