le storie

mercoledì 16 Agosto, 2023

«Val di Cembra 2030»: le storie di 14 giovani imprenditori che hanno deciso di restare

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Viticoltori e allevatori, ma anche fiorai, musicisti, pittori, bariste hanno tutti investito in valle scommettendo sul futuro dei paesi

C’è Maurizio Simoni, geometra di formazione ma pittore di passione, che da Palù di Giovo si è inventato il mestiere del decoratore e ora gira il Trentino per abbellire le facciate di case e negozi. «Nella cultura di una volta – spiega – tutte le insegne dei negozi erano dipinte a mano. Spesso mi chiamano anche solo come imbianchino ma quando arrivo propongo sempre un fiore o un bozzetto astratto e di solito non dicono di no». A Faver c’è Giovanni Piffer, cresciuto come perito elettronico, che ha ritrovato la gioia grazie alla sua fioreria. «All’inizio avevo tanta paura e pochi fondi da investire – racconta –. Ricordo una signora di Faver che in mezzo alla strada mi disse: “Ma cosa ti è venuto in mente? Fallirai sicuramente”. Entrai nel locale e mi misi a piangere, ma poi proprio da quelle parole trovai la forza per dimostrare a tutti che ce la potevo fare». Oggi il suo non è solo un negozio di fiori: «È come una famiglia, ho pure una sedia dove la gente può venire e raccontarmi le sue tristezze. D’altronde qui lavoro con le emozioni, da quelle di due sposi a quelle di chi deve salutare una persona cara». C’è poi Andrea Bazzanella che da Segonzano scarrozza giovani e meno giovani in giro per il Trentino e anche all’estero. «L’idea l’ha avuta mio papà che dopo la pensione, quasi per scherzo e a metà tra un lavoro e un hobby, si comprò un furgone. Così, dopo un anno di formazione con lui, nel 2019 sono partito anch’io. Oggi ho quattro mezzi di trasporto e mi rivolgo soprattutto ai più giovani che così possono divertirsi in sicurezza», racconta Bazzanella.
Il progetto promosso da Punto Doc
Quelle di Maurizio, Giovanni e Andrea sono solo alcune delle 14 storie raccolte da «Val di Cembra 2030». Un sito nato per raccontare le realtà locali dell’imprenditoria, dell’associazionismo e della società civile attraverso i valori e gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite. Ma soprattutto un progetto dell’associazione Punto Doc (in collaborazione con il Piano giovani di zona) che da anni lavora in valle per recuperare la memoria locale delle comunità e valorizzarne il patrimonio culturale. «Il progetto – spiega il promotore Tommaso Pasquini, nonché direttore artistico di Contavalle – è nato tre anni fa. Volevamo realizzare un’istantanea dell’imprenditoria giovanile in valle e ne è emerso un quadro molto vivace, fatto di ragazzi che hanno fatto esperienze all’estero e che, quando sono tornati in valle, hanno messo in campo importanti elementi di innovazione, anche quando si sono avventurati nei settori più classici dell’economia locale». Mestieri nuovi, dunque, come quello di Mattia Nardin che a Faver è riuscito a coronare il suo sogno di vivere come musicista e cantante. Ma anche mestieri antichi, come l’agricoltore o l’allevatore, portati però avanti con saperi e attenzioni diverse, in primis quelle verso la sostenibilità ambientale. È il caso di Luca Moser e Federico Ferretti, che a Lisignago lavorano le proprie vigne con l’impegno e la dedizione dei nonni, ma al contempo con le più attuali tecniche di viticoltura. O dei fratelli Consuelo e Dario Facchinelli che ad Albiano, nella patria delle cave di porfido, hanno scommesso sull’apicoltura. A Sevignano Stefano Simoni è partito da alcuni terreni comunali inutilizzati per adibirli a pascolo e ora sogna un’azienda biodinamica.
C’è chi è arrivato da Milano
Sono tutti imprenditori tra i 27 e i 47 anni (18 in totale) che hanno deciso di scommettere sulla Val di Cembra. L’hanno fatto perché in valle ci sono nati e hanno deciso di tornarci dopo aver viaggiato per il mondo. Ma anche per provare a salvare il proprio territorio dallo spopolamento: è il caso di Valeria Beatrici e Giulia Serafin che, di fronte alla chiusura a Faver dell’unico bar, hanno deciso di lasciare il proprio lavoro da bariste per mettersi in proprio e rilanciare il principale luogo di aggregazione del paese. C’è persino chi in Val di Cembra ci è arrivato dopo essere nato e cresciuto nell’hinterland milanese. «Lavoravo come grafico pubblicitario, poi ho deciso di partire per l’Australia dove ho lavorato per un’azienda agricola biologica per poi diplomarmi in permacultura, un insieme di tecniche agronomiche volte a progettare un’azienda agricola in maniera sostenibile, ecologica e funzionale – racconta Marcello Bianchi, ora di casa ai Masi Alti di Grumes –. Rientrato in Italia ero alla ricerca di un luogo naturalistico adatto, ma che vantasse anche un buon tessuto sociale. Con la Val di Cembra è stato amore a prima vista». «Dopo il primo anno di lavoro – spiega ancora Pasquini – abbiamo creato un primo piccolo ma affiatato gruppo di 7-8 imprenditori. Oggi siamo già a 14 e a breve aggiungeremo altre due storie arrivando così a 16 realtà mappate. Il secondo anno abbiamo lavorato su una progettualità comune da cui è uscita una prima carta di valori. Il terzo anno abbiamo offerto corsi di formazione che riproporremo a settembre e che saranno aperti anche ai non imprenditori». E per il futuro? «L’obiettivo del 2024 è diventare una piattaforma collaborativa, il sogno è realizzare un laboratorio di montagna, uno spazio collaborativo che sia anche fisico».