l'intervista

mercoledì 14 Febbraio, 2024

Val di Fassa, per il superG giacche ecologiche realizzate (ognuna) con 50 bottiglie di plastica

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Un chiaro messaggio di unione tra sport e tutela dell’ambiente, quello lanciato dalla valle ladina che ha scelto, per le competizioni sciistiche che saranno seguite da milioni di persone su diversi media, di avere tra i suoi partner Energiapura

Cinquantaquattro. Ecco quante bottiglie di plastica servono per realizzare una delle duecento giacche indossate dai componenti del comitato organizzatore, dallo staff e dai volontari dei due superG di Coppa del Mondo femminile, in programma il 24 e 25 febbraio in Val di Fassa. Un chiaro messaggio di unione tra sport e tutela dell’ambiente, quello lanciato dalla valle ladina che ha scelto, per le competizioni sciistiche che saranno seguite da milioni di persone su diversi media, di avere tra i suoi partner Energiapura. Si tratta dell’azienda del vicentino impegnata da anni sul fronte della ricerca e della sostenibilità, tanto che il 70% dei capi prodotti, dedicati in particolare allo sci, è frutto di materiale riciclato. Alberto Olivetto è Ceo dell’azienda. «Per il 60% dalla Francia e per il 40% dall’Italia. Abbiamo ampi margini di miglioramento nel nostro Paese, per quanto riguarda la differenziazione dei rifiuti in cui siamo impegnati tutti come cittadini, ma soprattutto per le fasi successive di lavorazione e riciclaggio dei materiali».

Come si trasforma la plastica in materiale per l’abbigliamento?
«Nel nostro caso, secondo un processo interno all’azienda, validato dal più importante standard internazionale per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili realizzati con materiali da riciclo, in particolar modo per l’uso delle bottiglie di pet. Prendiamo una fibra che è ancora vergine, perché dal pet si ricava ancora pet e poi polimero per fare bave, filati, tessuti e via dicendo. Dopodiché le bave vengono ritorte, fatti i filati, le rifiniture. Quindi, ci sono i passaggi in tintoria, i finissaggi con varie membrane e idrorepellenze per poi arrivare al tessuto finale».

Questo materiale che prestazioni fornisce?
«Nasciamo come azienda che lavora capi tecnici da sci, ma abbiamo una divisione che si occupa di forniture per corpi militari, vigili del fuoco e anche per gli operatori del Corpo forestale del Trentino che vestiamo da vent’anni. Abbiamo, poi, un brevetto per l’abbigliamento intimo da sci antitaglio, un aspetto che va curato per rispondere alle esigenze di uno sport che migliora sempre più le sue prestazioni. Lo sci si pratica al freddo, perciò c’è necessità di un abbigliamento che protegga dalle basse temperature ma anche in caso di caduta, tenendo presente dei pesi e delle forze in gioco».

Usate anche tessuti tradizionali?
«Per il 30%, perché siamo al 70% di capi fatti con materiale riciclato. È un bel traguardo dato che, rispetto ad altre aziende, i nostri prodotti hanno anche fodere, ovatte, zip ed etichette con materiale riciclato tutto certificato».

Questo è un trend seguito da altre aziende?
«Questa è la strada del futuro perché non si può continuare a impattare sull’ambiente come abbiamo fatto finora. Certo non è semplice, nel tempo abbiamo costruito una rete di aziende fornitrici che, poi, hanno deciso di intraprende un percorso simile al nostro. In Italia, c’è ancora molta strada da fare ma se si vuole vendere nel Nord Europa, in Austria o Germania diventa un percorso obbligato. In Germania, ad esempio, la grande distribuzione non valuta nemmeno il campionario di un’azienda se i capi sostenibili non superano il 50% della collezione».

Ma le grandi griffe della moda italiana si preoccupano della sostenibilità?
«In parte. Tutto dipende da dove si producono i capi. Chi lavora in Europa si avvale di analisi e certificazioni sicure, mentre se i centri produttivi si trovano in Asia può essere tutto un po’ meno chiaro».

Quanto investite in ricerca?
«Molto, collaboriamo con università e aziende leader di diversi settori. Ad esempio, abbiamo in corso un progetto con Fondazione Cortina 2026 e un altro con Eni che coinvolge abiti usati. La sperimentazione è alla base del nostro lavoro e richiede tempo per verificare quanto si ottiene dal riutilizzo e di quanto si riduce l’impatto ambientale».

Oltre alla fornitura di giacche per le gare di Coppa del Mondo in Fassa, avete altre iniziative in corso sulle Dolomiti?
«A Cortina, dove nel giro di qualche settimana andremo a recuperare in nove rifugi in quota, le bottiglie di plastica utilizzate. Siamo nell’ordine delle quattromila bottiglie al giorno. Abbiamo già distribuito compattatori nei rifugi, dopodiché questo materiale verrà recuperato e portato ad Aliplast, in provincia di Treviso, dove avverrà il processo di riciclo.
Il ricavato sarà utilizzato per realizzare abbigliamento tecnico».

Si tratta di un progetto esportabile in altre località?
«Senz’altro, ci è stato manifestato l’interesse anche dalla skiarea San Pellegrino dove si svolgono le gare di Coppa del Mondo fassane. Una volta che avremmo testato il progetto pilota a Cortina valuteremo come e dove replicarlo. In Trentino ci potrebbero essere diverse possibilità».