diritti
lunedì 17 Giugno, 2024
di Ottilia Morandelli
Chi maltratta un animale può essere punito dalla legge. A stabilirlo l’articolo 544 ter. del codice penale. Nello specifico la Cassazione riferisce che chi tiene il proprio animale legato con una catena di poco più di un metro, in un piccolo spazio, magari esposto sotto il sole per parecchie ore, senza cibo né acqua, è colpevole di maltrattamenti. Condizioni queste incompatibili con la vita. In alcuni casi però legare un cane non è un reato, ad esempio quando quest’ultimo può raggiungere il giaciglio, il cibo e se, soprattutto, viene portato a passeggiare o lasciato libero almeno una volta al giorno. Su questo punto però la nostra legge provinciale discorda. La legge del 28 marzo 2012 numero 4, sulla «Protezione degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo», infatti vieta di tenere i cani legati alla catena. Una norma che «troppo spesso non viene rispettata», come ha denunciato al nostro quotidiano nei giorni scorsi una lettrice della Val di Non.
La legge trentina
La legge provinciale 4/2012 nello specifico «tutela la salute degli animali d’affezione, promuovendo la corretta convivenza con le persone», questo quanto si può leggere agli articoli 1 e 3 della norma. Le regole specificano inoltre quando è consentito, in via eccezionale, l’utilizzo della catena, che è sempre vietata, salvo che per ragioni sanitarie, documentabili e certificate dal veterinario che ha in cura l’animale, o per ragioni di urgenza temporanee e di sicurezza. Ragioni urgenti appunto che prevedono di poter tenere legato un cane solo se impegnato in «attività di protezione di animali detenuti» o se sta svolgendo una attività di addestramento, se partecipa a una manifestazione cinofila, se pratica sport ma anche se si tratta di cani a supporto alle forze dell’ordine. La catena comunque deve assicurare l’accesso a dell’acqua, facendo rimanere gli animali protetti dal sole e dalle intemperie. La legge precisa inoltre che se legati per più di 12 ore consecutive deve essere concesso loro un momento di libertà e di camminata. Ma non finisce qui, perché deve essere garantito anche un alto grado di salute, benessere e igiene degli spazi in cui vivere.
La denuncia di una cittadina
Questa norma oltre che alla salute degli animali si riferisce anche alle attività di vigilanza che le guardie zoofile, i corpi di polizia, il corpo provinciale e l’Apss, devono svolgere per farla applicare. Qui arriva la testimonianza della nostra lettrice che in una lettere rivolta a il Tquotidiano parla di «flop nell’applicazione della legge». «Spesso passeggiando per il nostro territorio mi imbatto in scenari che mai vorrei vedere -spiega Ivana Merlo- Cani costretti a una catena, in uno spazio angusto, in un recinto di pochi metri. Animali che non escono mai, non corrono e non interagiscono con i propri padroni. In mezzo agli escrementi».
Molteplici sono state le richieste di intervento da parte di Merlo trovatasi di fronte a situazioni di questo tipo: «Negli ultimi tempi ho chiamato più volte, ho fatto delle segnalazioni. Le forze dell’ordine sono arrivate, hanno controllato gli animali. In quei casi poi è stata fatta una prescrizione da parte dell’Azienda sanitaria al proprietario del cane, ordinando di farlo uscire e di non tenerlo rinchiuso tutto il giorno». Poi però, come spiega la nostra lettrice, «senza vigilanza continua e controlli, i padroni tornano a trattarli alla maniera di un tempo». «Dove sono i diritti degli animali? -si chiede ancora Merlo – Ci vuole la volontà politica da parte delle istituzioni di far applicare le leggi, per salvaguardare la loro vita. Sono animali infelici, depressi, rinchiusi in una gabbia, quando dovrebbero solo vivere un’esistenza degna, all’aria aperta, amati da dei padroni attenti». La richiesta di Ivana Merlo è che la legge provinciale «venga rispettata in tutte le valli trentine». Il suo è anche un appello all’assessore alla salute Mario Tonina: «Chiedo a Tonina, ora responsabile della tutela degli animali, e alle autorità competenti, di intervenire per verificare e garantire la puntuale applicazione della legge in vigore», conclude.
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