L'intervista

domenica 2 Aprile, 2023

Valduga: «La mia candidatura è per unire; dalla destra troppe contraddizioni»

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Il sindaco di Rovereto, in lizza per il centrosinistra: «I miei guai giudiziari? Ho agito correttamente. Essere "civici" è un valore aggiunto»

Strappare a Francesco Valduga dichiarazioni al vetriolo o chiedergli di alzare i toni entrando nella polemica politica è tempo perso, è impossibile: «Non amo gli slogan, non mi interessano le contrapposizioni sterili». Nemmeno ora che il sindaco di Rovereto è stato scelto come candidato presidente della Provincia di Trento dall’Alleanza democratica autonomista che unisce centrosinistra e terzo polo: «Non credo sia questo il momento giusto per criticare gli avversari, non prima di presentare pubblicamente la mia candidatura».

Una candidatura arrivata alla fine di un percorso lungo e travagliato, con una coalizione che sul nome della leadership si è più volte divisa.
«All’interno di un’alleanza larga, chiamata a scegliere chi meglio potrà interpretare la sintesi di una coalizione, credo sia normale che il percorso non sia tutto in discesa. Nel confronto emergono tante ipotesi, anche tanti dubbi che poi via via vengono affrontati. In gioco non c’erano solo i nomi di questo o quell’esponente, ma il futuro del governo del Trentino, ed è stato giusto approfondire. Insomma, siamo tanti dentro l’Alleanza e questo è un bene, ma questo significa anche dibattito largo che ha necessità di tempi lunghi. E i candidati erano più d’uno, con tanti potenziali leader dei quali era importante valutarne attentamente il profilo».

E tra i profili è stato scelto il suo. È contento?
«Sono contento che la priorità sia stata posta sull’unitarietà dell’intera alleanza, perché ora è tempo di unire, non di dividere. Ed è tempo in cui l’impegno sia plurale, con tutte le aree politiche che mettono assieme competenze, persone e valori per fare il bene del Trentino. Ecco, tutt’altro che un cartello elettorale, ma un progetto politico che guarda avanti, al futuro».

Senta sindaco, ma in questo lungo periodo in cui tra «tavoli» e «tavolini» si discuteva del nome del candidato presidente, anche con accenni polemici e attriti tra le forze politiche, non ha mai vissuto un momento di sconforto con la tentazione, magari, di fare un passo di lato?
«Io ho sempre detto: non voglio esserci a tutti i costi. Io ci sono se posso essere utile, se posso servire all’intera alleanza. Se ci sono stati dubbi sul mio nome da parte di qualcuno era giusto che si prendesse il tempo per fugarli. Era giusto aspettare con pazienza».

E non le ha dato fastidio nemmeno quando al tavolo di coalizione alcune forze hanno posto il tema della sua condanna di primo grado davanti alla Corte dei conti?
«Le sentenze si rispettano. Ma si deve rispettare anche l’iter giudiziario che è fatto di tre gradi di giudizio. Poi vorrei che si tenesse conto che un’amministrazione — e ricordo che in questo caso si parla proprio di procedura amministrativa — è convinta di aver seguito tutte le regole. E che la stessa amministrazione spera che nei gradi superiori di giudizio questa sua correttezza venga accertata».

Il tema è stato però sollevato, anche pubblicamente.
«E proprio per questo vorrei evitare di continuare a parlarne. Ma non per evitare il discorso, piuttosto per evitare di fare processi sui giornali».

Ora è il candidato presidente dell’Alleanza democratica e autonomista che si contrappone al centrodestra alle prossime elezioni provinciali. Cosa distingue lei e la sua coalizione dalla compagine che ora governa il Trentino?
«Partiamo intanto dai valori, da quel perimetro che abbiamo costruito, da quell’alleanza di forze civiche, autonomiste, riformiste, popolari, liberali e ecologiste. Con gli altri ci sono altre civiche, altri autonomisti e una forza come Fratelli d’Italia. Ma oltre ai valori e alle appartenenze ci distingue il metodo: noi lavoriamo per unire, altri per dividere».

Si riferisce al tema città-valli?
«Non solo. Perché il tentativo di creare contrapposizioni lo si è visto anche su altri aspetti: trentini sì o trentini no, pubblico verso privato. Per alcuni le priorità sono queste, per noi no. Perché poi sono proprio le priorità a diventare importanti: tutti parliamo dell’Agenda 2030 e di Pnrr, ma come si traducono? Parliamo di sostenibilità, e tutti dovremo occuparcene, ma c’è chi ne parla e poi propone opere che mettono a rischio le sorgenti, o che pensa basti la circonvallazione per risolvere il problema dello spostamento delle merci dalla gomma al ferro».

Ma una critica di merito alla giunta di centrodestra che governa oggi il Trentino e che sfiderà tra poco più di sei mesi?
«Aspettiamo un attimo prima di buttarci nella campagna elettorale. Le nostre idee, che nascono sui nostri valori, saranno stabilite dentro un programma che, certamente, metterà al centro la nostra propensione all’unire piuttosto che al dividere. Ma non possiamo sparare ora tutte le cartucce. Verrà anche il tempo della contrapposizione, delle stilettate, ma prima vorrei presentare me stesso e l’alleanza agli elettori».

E come la presenterà?
«Attraverso un percorso di condivisione sui territori, con il confronto nelle comunità, con le categorie economiche. E non sarò da solo, perché da soli non si fa nulla: per questo parlo di leadership diffusa, che sarà la cifra del nostro stare assieme».

Siete assieme tra centrosinistra e terzo polo. Ma il Patt se n’è andato altrove. Le dispiace? Anche perché lei a Rovereto ci governa con le Stelle Alpine.
«Io ho grande rispetto per il Partito autonomista, con cui a Rovereto continuo a lavorare molto bene. Avrei voluto poter lavorare con gli autonomisti anche a livello provinciale, ma i vertici del Patt hanno scelto diversamente. Dentro la nostra alleanza ci sono però gli autonomisti di Casa Autonomia, e credo che anche tanti singoli autonomisti sceglieranno noi alle elezioni».

A proposito di partiti, lei nel 2018 li dava tutti per morti e sepolti, incapaci di leggere la realtà.
«Una banalizzazione del mio pensiero, che su questo tema credo sia sempre stato coerente. Parlo da tempo della necessità di rigenerazione dei partiti, cogliendo il loro limite e la loro difficoltà nell’avvicinare le persone. Ma non sono contro i partiti, non lo sono mai stato. Sono preoccupato, questo sì, quando i partiti diventano autoreferenziali, cosa che in parte è avvenuta. Anche se qualcosa è cambiato, vuoi per convinzione o per le bastonate prese alle elezioni».

Lei ha sempre puntato sul civismo.
«Sì, certo, ma anche le civiche devono sapersi organizzare, e anche le civiche devono sapersi rigenerare in un percorso politico».

Civismo che però è trasversale. Il suo che civismo è?
«È vero che i civici ci sono anche nelle altre coalizioni, ma i civici che con me hanno costruito l’alleanza che governa Rovereto, ma anche quelli di altre reti e altri territori, hanno scelto questo campo. Dentro Campobase, dentro l’Alleanza democratica e autonomista».

Ianeselli si è subito congratulato per la sua investitura. Ma è vero che sotto sotto tra voi due sindaci c’è una sorta di rivalità?
«C’è invece una grande condivisione dei valori e dell’azione amministrativa, e i rapporti tra Trento e Rovereto sono solidi e molto proficui su molti ambiti. Ci descrivono diversi sul modo di comunicare…».

Lui molto presente sui social e lei del tutto assente.
«Ma non si dica che odio i social, anche questa è una semplificazione. Sono indubbiamente un’opportunità, ma per come sono fatto io preferisco il rapporto diretto con le persone, più approfondito, senza mediazioni. Vivo infatti un certo disagio verso la semplificazione, a volte la banalizzazione di un discorso completo e articolato in un tweet o in un uno slogan».

C’è però chi le contesta una comunicazione un po’ debole.
«Non mi sfugge l’importanza della comunicazione, ma vorrei poter comunicare a cose fatte. Mentre c’è chi comunica solo per fare annunci».

E tra lei e Fugatti che differenze ci sono?
«C’è la mia storia, la mia collocazione, il mio percorso culturale e politico che mi divide dal suo. Io sono un cattolico dell’area popolare, quella che guarda a sinistra. Quella è la mia appartenenza. Diversa da quella di Fugatti evidentemente».

Da candidato presidente si dovrà dimettere dalla carica di sindaco. Quando? Subito?
«Ci sono i termini di legge, che ovviamente rispetterò. Ma aspetterei un momento prima delle dimissioni, perché intanto dobbiamo lavorare, abbiamo tanti progetti da portare a termine. Poi sarà affidato tutto alla vicesindaca Giulia Robol per la reggenza fino alle nuove elezioni comunali».

E lei interverrà nella scelta del prossimo candidato sindaco per Rovereto?
«Occupiamoci di una cosa alla volta».