Il forum
mercoledì 10 Maggio, 2023
di Donatello Baldo
La campagna elettorale non è ancora iniziata, Francesco Valduga — che è il candidato alla presidenza della Provincia per l’Alleanza democratica e autonomista — lo sottolinea più volte. Ma già dalle sue prime battute si intuisce quale sarà la cifra del confronto elettorale per come lo intende lui: «Un confronto, sui temi. Questa — ha detto ieri al Forum del “T” — sarebbe una campagna elettorale che fa bene al Trentino».
Lei è stato scelto come leader del centrosinistra, in anticipo rispetto al centrodestra. Ma c’è chi le rimprovera uno scarso «interventismo» nel dibattito politico.
«Sono contento che questa sia la prima domanda. Così spiego bene quello che è un metodo, ma anche una strategia. Ho letto infatti che c’è chi ha parlato della necessità di ingranare la marcia, usando proprio questa espressione. Ma io sono convinto che non ci debba essere una sola marcia, ma tante marce, per tanti tratti di strada da affrontare».
Si spieghi meglio, sindaco.
«Ci sono circa sei mesi da qui alle elezioni, e non saranno vissuti tutti a una sola velocità. Non sarà uno sprint, ma una marcia verso il voto. Ci sarà da lavorare, da essere concentrati, ma il lavoro sarà diversificato in più momenti».
Il momento dell’oggi qual è?
«Questo è il tempo della costruzione, del consolidamento di una rete solida di rapporti e competenze. Che in parte già ci sono, per l’esperienza amministrativa già in dote, per quanto sapranno apportare le forze della coalizione sui temi che hanno già approfondito e che le contraddistinguono. Questo tempo è fondamentale, proprio perché vorrei rappresentare una politica che si confronta, che ascolta, che parla quando sa e conosce. Una politica che studia per poter dare risposte e proporre soluzioni, che trasforma tutto questo in un programma di governo».
La seconda fase? Quale, e quando?
«Entro inizio estate, entro la fine di giugno, avremo predisposto anche un documento che presenteremo ai territori. Territori che già frequentiamo, con cui è già attiva una interlocuzione. Ma in questa seconda fase andremo con idee e progetti da condividere e perfezionare attraverso un confronto vero»
Terza fase, la campagna elettorale vera e propria. È così?
«Confezionate le liste, la terza fase, quella della campagna elettorale comunemente intesa. Diversi tempi, diversi ritmi, quindi. E non mi tiro indietro, so bene che ci saranno anche schermaglie tra le parti, anche se tenderei a privilegiare una campagna volta alle proposte, al per piuttosto che al contro».
È una strategia, quindi, la sua.
«Lo ribadisco. E rivendico il tempo importante di impegno e lavoro per la costruzione di una base solida, di un programma condiviso e frutto del confronto, che nulla toglie al momento in cui, necessariamente, dovranno essere utilizzate forme di comunicazione più veloce e superficiale in forma di slogan. In ogni caso, non credo di dover giustificare il mio modo “altro” di comunicare».
Un modo «altro». Non solo sagre e bar, dunque.
«Mi rendo conto che questo modo di voler approfondire e studiare sia così antico da sembrare nuovo, ma non significa che così si stia meno a contatto con le persone. Io frequento anche sagre e bar per confrontarmi con la gente, ci mancherebbe, ma le due cose non per forza devono escludersi a vicenda».
Con la sua coalizione ha già iniziato a lavorare, studiare e approfondire? Ci sono le basi per il programma che poi, nella seconda fase, presenterà ai cittadini? O ci sono invece punti di attrito?
«La coalizione, le idee delle forze che la compongono, sono già una base di partenza. E anche lo stesso stare assieme è un buon inizio. Dico spesso che questo è il tempo di unire, non di dividere. Fin dalle prime interlocuzioni mi sono accorto che no, non ci saranno difficoltà sul piano programmatico. Semmai ci sarà un confronto per capire che priorità dare ai vari temi».
E quali sono i temi, le proposte, che lei metterebbe comunque in cima alla lista dei punti del suo programma?
«Ci sono dei macro temi ineludibili, primo fra tutti quello dell’autonomia. Declinandola però come rapporto forte tra autonomia e montagna, credendo fortemente che tutto il nostro territorio sia in qualche modo montagna, e per questo originale e diverso dagli altri. Un territorio che naturalmente è attento ai beni comuni, che vive la solidarietà, e non a caso è nata proprio in Trentino la cooperazione. Recuperare il rapporto tra autonomia e montagna significa anche sostenibilità, ambiente, trasporti».
Un altro tema per lei fondamentale?
«C’è il tema delle disuguaglianze. Mi preoccupa molto una società che vive al suo interno divaricazioni. Non è giusto eticamente ma non è nemmeno utile dal punto di vista strategico: una società arrabbiata, incattivita, sfiduciata, è preda del populismo, ascolta quelli che di volta in volta creano il nemico di turno. Ma se si soffia sul vento dell’insoddisfazione non ottieni nulla, forse un consenso momentaneo, ma non fai certo il bene della società che vuoi rappresentare».
E come si possono limitare le disuguaglianze?
«Con i servizi, per tutti. Nelle città grandi ma anche nelle valli. Ed è chiaro che da questo punto di vista il Trentino deve essere pensato tutto assieme. Quindi si deve lavorare per appianare ogni disuguaglianza tra comunità, ma anche dentro le comunità».
In questo caso non basta una riforma istituzionale.
«Qui bisogna lavorare su sanità e assistenza. Riorganizzare tutto, sapendo bene chi fa che cosa. Dentro il sistema ospedaliero e nella sanità territoriale».
Non è il sistema che in questa legislatura ha cercato di portare avanti la giunta Fugatti?
«Ma a me sembra invece che in questi anni si sia immaginato un sistema chiuso, in cui tutto si concentra sull’ospedale. Seppur di valle. Serve invece un investimento sulla medicina territoriale, sulla prevenzione, sugli stili di vita. La giunta invece ha inteso il territorio come la struttura ospedaliera più vicina, ma è sbagliato, perché ci sarà sempre qualcuno più vicino e qualcuno più lontano. Sanità e assistenza dovranno invece arrivare loro vicino a tutti i cittadini. In generale, oltre alla declinazione dell’autonomia come ho spiegato prima, vorrei davvero che i temi fondamentali del programma spaziassero dalla sanità alla formazione, intesa come una scuola che sappia essere ascensore sociale e terreno di innovazione».
Non ha parlato di infrastrutture, mentre la coalizione che sfiderà mette la Valdastico tra quelle fondamentali. Opera a cui lei si oppone.
«Io sono convinto dell’importanza delle infrastrutture, intese come vie di comunicazione. Preferendo però il ferro alla gomma, e guardando anche all’importanza delle infrastrutture telematiche, sempre più fondamentali in termini di comunicazione».
E sulla Valdastico?
«Il progetto di Fugatti dell’uscita a sud della Valdastico è devastante a livello ambientale. Opera che così com’è ipotizzata non interessa nemmeno più al Veneto, e neanche alla Valsugana dato che non risolverebbe il loro problema con il traffico a nord. Dal punto di vista ambientale è anche un pericolo per la sorgente dello Spino, un miracolo della natura che riesce a garantire acqua anche in periodi siccitosi perché capace di alimentarsi dalle nebbie e dalla condensa. Pensare di mettere a rischio la sostenibilità paesaggistica e ambientale è irresponsabile».
Lunedì scorso, sulla Valdastico, la giunta è andata sotto nel voto in Terza commissione. Che ne pensa?
«Si è astenuta anche la Lega, forse anche loro hanno qualche perplessità».
Non siamo ancora in campagna elettorale, ma oltre alla Valdastico può dirci qualche provvedimento della giunta Fugatti che la trova in dissenso?
«C’è una propensione generale che non condivido con questa giunta, la tendenza a dividere. Tra comuni grandi e piccoli, ad esempio».
Lei era contrario anche agli Stati generali della Montagna.
«Non all’idea in sé, ma all’intenzione anche in quel caso di porre una contrapposizione città-valli. Un dividi et impera che non condivido, quando invece dovrebbero essere create occasioni di coesione della comunità. E la tendenza alla divisione c’è anche nel rapporto pubblico-privato, tra trentini e non trentini».
Il tema dell’accoglienza è stato un cavallo di battaglia di Fugatti, criticato dall’opposizione, ma anche da molte parti della società.
«Le migrazioni, se gestite, producono uno scambio che arricchisce. Le migrazioni potrebbero anche ripopolare luoghi, costituire nuovi insediamenti. Quando eravamo noi i migranti, abbiamo popolato luoghi abbandonati, portando ricchezza. Le migrazioni sono un fenomeno naturale, che però si deve saper governare. Ed è stato un errore smantellare l’accoglienza diffusa».
Ora sull’immigrazione c’è un commissario nazionale. Cosa ne pensa?
«Che i commissariamenti sono l’opposto della politica. E vale per il tema dei migranti così come per le opere pubbliche. Ora c’è il commissario anche per la circonvallazione di Pinzolo, nemmeno fosse una metropoli. E il commissario per il nuovo ospedale di Trento: ma dove farlo, come farlo, che modello di sanità, quali rapporti con l’università è la politica che deve deciderlo, non un commissario».
Questione orso, un tema di attualità a cui non può sottrarsi.
«Abbiamo bisogno di recuperare equilibrio, e vuol dire da un lato rendersi conto che la montagna deve poter essere vissuta e nello stesso tempo evitare di mettere il Trentino contro tutti proponendo la mattanza degli orsi. La fauna, tutta, va gestita. E ha detto bene l’ex presidente Ugo Rossi cosa poteva essere fatto e cosa non è stato fatto nella corretta gestione. Forse non ci si è assunti fino in fondo le responsabilità».
I suoi avversari un candidato presidente ancora non ce l’hanno. È un vantaggio per lei?
«Per noi più si dividono meglio è, anche se credo che poi convergeranno tutti su Fugatti. Prendo atto però che a differenza nostra non sono stati capaci di trovare unità fin da subito. Ma una cosa posso dire»
Prego.
«Le divisioni saranno ricomposte, ma lasceranno cicatrici, quelle tra Lega e Fratelli d’Italia. E allo stesso tempo una ricomposizione potrebbe mettere in difficoltà il Patt, che su quelle divisioni sperava».
Fugatti, quando lei è stato raggiunto nei giorni scorsi da una nuova contestazione della Corte dei Conti, non ha approfittato per attaccarla, spiegando che quello non era un tema su cui speculare politicamente. Ha apprezzato?
«Certo, perché mi auguro che il confronto, e anche lo scontro politico, sia sui temi veri».
Dovrà dimettersi dalla carica di sindaco per candidarsi alle elezioni provinciali, quando?
«Quando lo prevede la legge, credo tra i 30 e i 45 giorni prima delle elezioni, in ogni caso a settembre. Rimango in carica perché ci sono ancora tante cose da fare, da completare, anche sul bilancio del Comune. Poi prosegue la mia vicesindaca Giulia Robol fino alle elezioni che si terranno a primavera del 2024».
Ultima domanda. A differenza del 2018, ora ha concesso il patrocinio della città di Rovereto al Dolomiti Pride che si terrà quest’anno. Cos’è cambiato?
«Allora sbagliai. Avevo detto no perché non condividevo una parte del manifesto politico. E tutt’ora ho qualche perplessità, ad esempio, sulla gestazione per altri. Ma sbagliai perché avrei dovuto, come ho fatto quest’anno, guardare all’insieme dei valori di uguaglianza e libertà su cui si basano iniziative come questa».
E parteciperà alla manifestazione del prossimo 3 giungo?
«Vedremo, ma perché no?».