la conquista
venerdì 14 Giugno, 2024
di Donatello Baldo
Il seggio elettorale di un comune della Valsugana, un ragazzino transgender e un sindaco (non proprio di sinistra). Questa è la storia della conquista di un diritto, dell’impegno trasversale nel difendere la dignità di un diciottenne che voleva a tutti i costi esprimere il suo voto, sentendosi però a proprio agio. Succede questo, che quando ci si reca al seggio con la tessera elettorale e il documento di identità in mano ci si trova davanti a due cartelli: maschi e femmine. E succede che uno degli scrutatori dica ad alta voce: «Avanti un uomo»; «Avanti una donna». E che poi il nome stampato sulla carta d’identità sia pronunciato ad alta voce, per trovarne la corrispondenza sui due libroni degli iscritti nelle liste elettorali. Una cosa normale per la gran parte dei cittadini e delle cittadine. Una cosa tremenda per le persone transgender che devono scegliere la fila che non coincide alla loro identità di genere, che devono sentire scandito il «dead name», il vecchio nome che non è più il loro, che non risponde e che non corrisponde.
«Volevo sentirmi a mio agio»
«È nato tutto un po’ per caso. Al circolo Arci — racconta il ragazzo — si parlava delle imminenti elezioni europee. Mi è stato chiesto se sarei andato a votare, dissi di no». E perché: «Perché sono una persona transgender, senza i documenti rettificati», perché la trafila per il cambio anagrafico è lunga, lunghissima. «Sapevo che mi avrebbero indirizzato in una fila di un genere in cui non mi identifico, che avrebbero pronunciato il mio nome al femminile, il mio “dead name”. Dissi che non mi andava, sarei stato a disagio». Il giovane spiega quanto sia profondo il disagio che prova una persona transgender forzata a riconoscersi nell’identità anagrafica: «Cosa si prova? Non essere riconosciuto per quello che sei davvero, per come ti senti di essere e che sei nella realtà. Non è bello, fa male».
Una piccola, grande battaglia
La presidente del circolo Arci, dell’associazione culturale Mosaico che opera in tutta la Valsugana, Irene Tessaro, ha ingaggiato una battaglia. Per principio: «Mi hanno chiesto se ci tenessi a votare, dissi di sì. Sarebbe stato il mio primo voto, sono diciottenne da poco. E allora Irene si è subito mobilitata, e la ringrazio tanto». E Tessaro racconta com’è riuscita a far votare il giovane transgender, garantendogli il rispetto della sua dignità: «Ho contattato l’avvocato Alex Schuster, all’inizio volevo verificare addirittura la possibilità di fare causa al Comune, per mettere in discussione una legge obsoleta. Una via che non avrebbe risolto subito il problema, pero». Quindi? «Quindi ho parlato col sindaco». Un sindaco che non appartiene all’area politica che lotta per il matrimonio omosessuale, che non fa le barricate sui diritti civili, che non partecipa ai pride con la fascia tricolore. «Ma il sindaco mi ha ascoltata, ha capito il disagio del ragazzo e mi ha detto che nel suo comune tutti devono sentirsi liberi di votare, e messi nelle condizioni di votare. Ho apprezzato molto». E così si è cercata la soluzione: «Abbiamo incontrato la segretaria comunale, la dirigente del Servizio elettorale, poi la presidente e la vicepresidente del seggio in cui il ragazzo avrebbe dovuto votare. Questa l’idea: dalle 15 alle 18 del sabato elettorale ci sarebbe stata una fila unica, senza divisione per genere. A chi avesse chiesto come mai, si sarebbe detto che si trattava di una sperimentazione». E così è stato, il ragazzo ha votato. «Il mio primo voto — commenta lui — me lo ricorderò per sempre».
Il ruolo dell’associazione
Irene Tessaro è soddisfatta: «Abbiamo fatto quello che era giusto, e sono ancor più soddisfatta perché ho trovato appoggio nell’amministrazione, che ringrazio. Un’amministrazione di periferia, di valle, non di una grande città. Ed è importante sottolineare che anche in queste realtà si possono fare passi in avanti sulla strada dei diritti». Spiega poi che a monte c’è stato un lavoro importante: «Il ragazzo è parte di un gruppo di giovani che frequentano l’associazione. Giovani che affrontano anche i temi legati all’identità di genere, che assieme hanno partecipato al Dolomiti Pride organizzando eventi di avvicinamento qui in Valsugana. Se il ragazzo che abbiamo aiutato a votare in un ambiente non discriminatorio non avesse avuto l’occasione di confrontarsi con noi, e soprattutto con i suoi pari, se non fosse stato accolto prima da chi lo ha accolto senza pregiudizi, non avrebbe posto il tema del diritto di voto per le persone transgender come lui». E non sarebbe mai stata scritta questa piccola pagina di storia nel libro dei diritti e della dignità per tutti e tutte, e pure per chi non si riconosce in questo binarismo del maschile e del femminile.