Lutto
sabato 25 Maggio, 2024
di Daniele Benfanti
Vattaro e tutto il Trentino salutano Romano Furlani, pittore che ha lasciato il segno nella storia della pittura trentina e paradossalmente, forse, più noto all’estero che in patria, anche sei il Mart e la Galleria Civica avevano in corso da anni un importante progetto per la sua valorizzazione. Furlani era malato da qualche anno e progressivamente si era ritirato a vita molto privata, in particolare dopo il periodo Covid. Lascia il fratello Fabio e alcuni nipoti. I funerali dell’artista sono previsti lunedì prossimo, 27 maggio, alle 14.30 nella Chiesa di San Martino nella sua Vattaro. Il Rosario verrà recitato mezz’ora prima del funerale. La camera ardente sarà allestita nel cimitero di Vattaro da domenica mattina.
Furlani era nato a Vattaro nel 1941. Già negli anni settanta le prime mostre personali: nella Galleria Pancheri a Rovereto nel 1973, ad esempio. Pittore astratto, aveva esposto anche a Castel Vigolo nel 1987, e ha avuto un’importante esperienza tedesca tra fine anni ottanta e primi novanta con la Galleria Croon di Monaco nel 1989, con la Dannenberg Gallery di New York nel 1990, la Galleria Ruf di Monaco nel 1992, e il Mart Palazzo delle Albere nel 1993, ma anche l’Istituto Italiano di Cultura di Monaco nel 1994. Tra le principali collettive cui partecipò «Situazioni», Mart di Trento nel 1998, Palais Liechtenstein di Feldkirch in Austria nel 1990, la Westend Galerie di Francoforte nel 1992, la Galerie Katia Rid di Monaco 2000.
Nel 2015 a Palazzo Bortolazzi nella sua Vattaro la mostra «Abitare l’astratto» insieme a Silvio Cattani. Proprio il professor Cattani, vicepresidente del Mart, lo ricorda così: «È stato un amico, per me. Abbiamo anche fatto dei viaggi insieme all’estero. Mi ricordo che per la mostra a Vattaro avevamo studiato insieme un allestimento particolare, una struttura in legno immaginata come un grande leggìo, con le opere non appese ma appoggiate. La sua arte era un astrattismo molto contemporaneo, poetico, attuale perché lirico, essenziale». Quanto al carattere e all’impronta umana, Cattani non ha dubbi: «Romano Furlani era una persona straordinaria, schiva e riservata, con grandi qualità umane, delicatezza e sensibilità. Che trasferiva sulla tela, con una pittura mai aggressiva, quasi melodica, con segni non gestuali ma meditati, come frammenti di fiori». Uno stile personalissimo, il suo, in cui il colore rosa ha avuto un ruolo di rilievo. Furlani ha vissuto gli ultimi anni in modo ancora più appartato. «Era un pittore libero» ricorda Gabriele Lorenzoni, curatore della galleria Civica ed esperto di arte contemporanea, che di Furlani ha curato la mostra a Vattaro del 2015: «Tra opere e disegni il suo patrimonio ammonta, direi, a due migliaia di lavori. Lui era molto geloso del suo lavoro. Apprezzava che gli altri ammirassero le sue opere, ma era estraneo alle logiche di mercato. Non le vendeva, nemmeno a facoltosi collezionisti che si proponevano». Anche Lorenzoni sottolinea la forte attualità del segno pittorico di Furlani: «Il suo astrattismo ha un grande impatto, è lirico e senza tempo. Metteva grande cura nel supporto, nel segno, nel pigmento».
«È stato uno dei primi artisti trentini contemporanei ad avere una dimensione internazionale» ricorda ancora Cattani. Che aggiunge: «Per valorizzare artisti come lui, non serve aspettare che se ne vadano. Sicuramente sarà opportuno e doveroso ricordare Furlani e la sua opera in modo adeguato». Furlani era un pittore contadino e non dimenticò mai le sue origini rurali: «Dalle sue vigne (che coltivava a Mattarello, ndr) traeva anche il vino che sperimentava come pigmento per le sue opere» aggiunge Lorenzoni. «Era sempre presente alle nostre mostre, con grande curiosità. Viveva appartato ma non isolato: era connesso a livello internazionale». L’emozione dei colori è il tratto distintivo di Furlani anche per Walter Kaswalder, oggi consigliere provinciale, già sindaco sull’Altopiano della Vigolana: «Mi spiace tanto per la sua scomparsa. In casa ho diversi suoi quadri. Era riservato, modesto. Grande appassionato di agricoltura e di sci: ha gestito per anni lo skilift al Doss del Bue e aveva lavorato all’albergo Tomè con il fratello».
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