Economia
martedì 14 Gennaio, 2025
di Gabriele Stanga
Cambia la legge ma soprattutto cambiano le abitudini dei consumatori, con le nuove generazioni sempre più attente ad adottare uno stile di vita sano. E così si è passati dal bicchiere di vino giornaliero che non poteva mancare sulle tavole degli italiani, fino ad accettare la produzione di vini analcolici. O più precisamente dealcolati, perché è questa la denominazione scelta dalla nuova normativa. Infatti a partire dal 23 dicembre un decreto ministeriale, il numero 672816 del 20 dicembre 2024, consente la produzione di vini con gradazione pari o inferiore agli 8,5 gradi. Un prodotto che in realtà esisteva già ma che fino ad oggi ricadeva sotto la categoria delle bevande, e solo con la nuova disciplina, è stato elevato al rango di vino. Oggi, anche sulla scia del successo che i vini zero alcol hanno raccolto in Spagna e Germania e sulla loro appetibilità verso il mercato americano, molte aziende si dicono pronte a concentrare in quest’ambito una piccola parte della propria produzione. Anche i grandi produttori trentini vi guardano con interesse ma ad oggi soltanto un’azienda produce vini no alcol. Si tratta di Princess srl, non una cantina ma una società di prodotti alimentari con sede a Lavis. «Sembra che le persone abbiano dormito fino ad ora e si siano accorte solo in questo momento della possibilità di produrre questa tipologia di vino», commenta il proprietario e presidente della società Michele Tait, che gestisce l’azienda insieme alle due figlie Martina e Valentina e alla moglie Marina. Con loro altri 4 dipendenti e si punta ad assumerne presto di nuovi.
Ma da quanto tempo Princess si dedica al vino senza alcol?
«Noi abbiamo cominciato nel 2012, ma voglio fare subito una precisazione, noi non siamo nel mondo del vino bensì in quello delle bevande, solo dal 23 dicembre questi prodotti possono essere riconosciuti come vino».
Quindi non avete una vostra cantina?
«No, io compro il vino dalle cantine e poi con i nostri macchinari ne faccio un prodotto a zero alcol. Ora però anche noi potremmo trasformarci in cantina. La nostra idea è quella di legarci a qualche cantina già esistente e creare una sinergia per fare una produzione nostra».
Quali sono i principali punti della nuova legge?
«Cambia la denominazione: da bevanda a base di vino dealcolato a vino dealcolato vero e proprio. In più vengono individuate due sotto categorie: dagli 8,5 gradi fino agli 0,5 si parlerà di vino parzialmente senza alcol e dagli 0,5 agli 0 gradi, di vino totalmente dealcolato».
Quali sono, invece, i vini più indicati per la dealcolazione?
«Tutti i vini possono essere dealcolati, bisogna togliersi dalla testa l’idea di fare il vino dealcolato solo con il prodotto che avanza in cantina. Più il vino di partenza è aromatico e più il risultato finale sarà buono e manterrà l’aroma».
E il sapore si mantiene?
«Qualcosa esce insieme all’alcol ma l’aroma rimane e si sente, si riesce tranquillamente a distinguere uno chardonnay da un pinot grigio e si mantiene un ottimo gusto».
Quali sono i prezzi a bottiglia?
«Siamo sui 9 euro per i vini fermi, 10 per le bollicine, 15 per la linea aurea fenice e 25 per Mood».
E i costi di produzione?
«Siamo sui 250 mila euro per una produzione intorno alle 200 bottiglie e si va poi a salire. In più la lavorazione comporta una perdita del prodotto, che è anch’essa un costo. Se il vino parte da 12 gradi se ne perderà il 12% circa, ad esempio».
Chi sono, invece i consumatori di vini dealcolati?
«Inizialmente erano consumatori che non potevano bere alcol, ora ci si è spostati molto verso i giovani atleti. Le nuove generazioni sono più attente alla salute. O meglio, o bevono molto alcol o non ne bevono proprio. Non esiste più l’abitudine del bicchiere di vino giornaliero».
E i mercati di riferimento?
«I prodotti funzionano molto bene sia sul mercato europeo, l’Asia e il mondo arabo. L’Italia è stata più lenta a ricevere il prodotto ma ora sta arrivando anche qui».
E il mercato Usa?
«Quello sta esplodendo, penso che ad oggi più di un terzo della produzione su 500 mila bottiglie vada verso gli Stati Uniti».
Manterrete anche la produzione alimentare e di bevande?
«Credo continueremo anche a produrre bevande a base di vino dealcolato perché, ad esempio, i consumatori musulmani preferisco la bevanda, dato che la parola vino viene considerata non halal (non permesso ndr)».
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