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mercoledì 20 Novembre, 2024

Violenza di genere, effetto Giulia Cecchettin: richieste d’aiuto raddoppiate

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Nel primo semestre dell'anno 33mila "denunce". Poggio: «Il femminicidio di Giulia ha scosso le coscienze»

Se le parole di Valditara erano sembrate subito fuori luogo e imprecise sono i dati a confermare come la realtà sulla violenza di genere sia molto diversa da quella dipinta dall’esponente di governo. Il ministro era intervenuto alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, voluta dal padre Gino e dagli altri figli per ricordare la sorella vittima di femminicidio, per dire che «il patriarcato non esiste più» e che l’aumento delle violenze sessuali fosse legato «a forme di marginalità derivanti dall’immigrazione irregolare». I dati invece raccontano una storia diversa: non solo le denunce e le segnalazioni sono in vertiginoso aumento, ma la violenza è spesso causata da mariti, ex mariti, padri, partner e ex partner, insomma si consuma nel contesto familiare.

I dati
Nei primi due trimestri del 2024 le chiamate di utenti o vittime al servizio 1522 per chiedere aiuto o informazioni sono state rispettivamente 17.880 e poi 15.109, un aumento significativo rispetto agli stessi trimestri del 2023 quando le richieste erano state 9.796 e 9.602. Nel dettaglio le vittime di violenza che hanno chiamato per chiedere aiuto sono passate da 3.323 a 4.309 nel primo trimestre e da 2.772 a 3.258 nel secondo ed è cresciuto anche il numero di vittime che chiamano in cerca di informazioni. Una tendenza che si conferma anche in Trentino dove le chiamate di utenti erano state 41 e 38 nei primi due trimestri del 2023 e sono state 83 e 77 nel 2024. Anche le vittime che si sono messe in contatto aumentano da 15 a 30 e da 22 a 29. Tornando ai dati nazionali tra i motivi che inducono le vittime a chiedere aiuto va osservato lo stalking che registra un maggiore incremento rispetto agli stessi trimestri dell’anno precedente (rispettivamente +74,9% nel primo trimestre e +24,8% nel secondo semestre). I dati infine confermano come l’autore della violenza sia nella maggior parte dei casi il coniuge, il partner oppure l’ex partner.

«Effetto Cecchettin»
Guardando i dati si potrebbe dire quindi che i casi di violenza sono in aumento, ma non è così semplice. «In realtà l’aumento dell’emerso, ossia denunce e segnalazioni, è un dato di difficile lettura – osserva Barbara Poggio, professoressa ordinaria di sociologia del lavoro e Prorettrice alle politiche di equità e diversità presso l’Università di Trento – I dati infatti possono aumentare non a seguito di un aumento dei casi, ma perché sono cresciute consapevolezza e attenzione sul tema». In questo senso, secondo Poggio, la crescita che c’è stata tra il 2023 e il 2024 può essere attribuito anche alla storia, drammatica, di Giulia Cecchettin. «La sua vicenda ha evidentemente toccato delle corde profonde nell’opinione pubblica e ha portato persone indecise a segnalare situazioni su cui magari erano dubbiose. Me lo ha raccontato anche Gino Cecchettin che, girando per le scuole, molte persone gli hanno raccontato di come la storia di sua figlia sia stato un campanello di allarme, un pungolo a chiudere situazioni problematiche».

«Serve educazione»
Forse anche per questo si nota l’aumento delle denunce e segnalazioni legati a episodi di stalking e gelosia. «Molti studi notano come ci sia un ritorno di questi fenomeni tra i giovani, anche se in una chiave nuova – osserva Poggio – Nel senso che per esempio per molti giovani è normale controllare il cellulare del partner. Ci sono cantanti che piacciono ai giovani che nelle loro canzoni normalizzano la gelosia verso il partner. Forse il caso di Giulia Cecchettin ha aiutato a problematizzare il fenomeno della gelosia e del controllo». Serve preparazione per trattare questo tema con i giovani. «E torno all’importanza dell’educazione. Parliamo di dinamiche di controllo, gelosia e stalking nell’era digitale e di questo qualcosa sappiamo. Poi ci sono altri fenomeni di cui conosciamo meno come la violenza digitale. Di fronte a questi fenomeni le famiglie sono incolpevolmente impreparate, molti non sanno cosa succede nel cellulare dei loro figli. Per questo è fondamentale l’educazione a scuola, dove possono agire professionisti formati e aiutare ragazzi e ragazze in un percorso di educazione affettiva e di genere».

L’impegno della fondazione
La stessa direzione in cui è impegnata la fondazione Giulia Cecchettin. Quella che era stata presentata a Roma, il cui evento è stato messo in ombra dalle parole del ministro Valditara, e dove si trovava proprio Barbara Poggio che siede sia nel comitato scientifico che nel cda della fondazione. «Assieme ad altri esperti del settore abbiamo utilizzato lo spazio a nostra disposizione per fare il punto sulla disuguaglianza di genere nella nostra società, sul ruolo della scuola e degli insegnanti e su come si racconta la violenza nei media e tra le persone». Un assaggio di quello che vuole essere l’impegno della fondazione. «La fondazione è nata su stimolo dei famigliari, il padre Gino e gli altri due figli. Hanno voluto trasformare un momento di dolore personale in un’opportunità di trasformazione e di cambiamento sociale. Nel suo intervento Gino ha detto che questo è l’«unico modo per tenere viva una parte di Giulia». Ha voluto trasformare dolore e rabbia in impegno verso il prossimo, un percorso molto simile a quello fatto qui in Trentino dai genitori di Alba Chiara Baroni». Un obiettivo da raggiungere con ricerca e educazione. «Il punto di partenza, dice Gino, è che il tema è prettamente culturale. Qui non si tratta di arrestare un uomo violento e buttare la chiave, il tema è capire quanto delle istanze che hanno portato all’atto violento sono presenti nei modelli di maschilità nella nostra società e quindi in ognuno di noi. Il primo obiettivo della fondazione è quello di portare sensibilizzazione nelle scuole. Poi sviluppare strumenti che affrontino i temi della violenza di genere, lavorando direttamente con ragazzi e ragazze e con le agenzie educative. L’obiettivo poi sarebbe quello di inserire dentro i programmi scolastici delle ore dedicate all’educazione all’affettività o di genere, per lavorare con studenti e studentesse a questi aspetti».