L'INTERVISTA
mercoledì 17 Gennaio, 2024
di Donatello Baldo
La vicepresidente della giunta Francesca Gerosa, titolare dell’assessorato all’Istruzione ma anche alle Pari opportunità, evita di soffermarsi su quanto è stato negli ultimi cinque anni del governo Fugatti. Non commenta quindi la rarefazione dei corsi nelle scuole sul tema dell’educazione alla relazione di genere.
Ieri il T ha scritto che prima erano 82, poi con la prima giunta Fugatti e la decisione di cancellarli, di corsi ne sono stati fatti tre, al massimo quattro all’anno in questi ultimi cinque anni.
«Posso dire quello che io intendo fare, indipendentemente da quanto fatto nel passato. Dico come io immagino la formazione dei ragazzi nelle scuole, e come penso di organizzarla».
Ce lo dica allora, cosa farà?
«Ho già cominciato ad attivarmi su questo tema. Lunedì ho fatto il punto con il Dipartimento istruzione sullo stato dell’arte delle attività nelle scuole».
Lo stato dell’arte lo sappiamo, si fa poco o nulla. Come intende intervenire?
«Ripeto, io parlo di quello che farà d’ora in poi perché cerco di essere costruttiva. Il mio obiettivo è proporre percorsi strutturati e capillari. Strutturati dalla Provincia perché i singoli istituti non possono fare da soli, al di là del fatto che oggi hanno l’autonomia per attivare corsi e percorsi, e non lo trovo nemmeno giusto, e perché la formazione dei ragazzi deve essere omogenea. E sulla capillarità, oltre che riferita ai territori, l’obiettivo è quello di partire dal primo ciclo, dalla primaria, forse anche prima con percorsi adeguati all’età».
Ma sui contenuti di questi percorsi, s’è fatta un’idea? Di cosa si dovrà parlare con gli studenti?
«Prima voglio dire che procederò ad incontrare i vari attori del sistema scuola. Oggi incontrerò il direttivo della Consulta degli studenti, domani incontrerò i dirigenti, e tra le varie cose mi vorrò confrontare anche sul tema. Agli studenti chiederò come immaginano sia più utile veicolare questi contenuti tra ragazzi e ragazze. Fatto questo, sarà costituito un tavolo di lavoro».
Un altro tavolo? Spesso si annunciano e poi non si fa nulla…
«Allora chiamiamolo in un altro modo. Non penso affatto a un tavolo che duri mesi e mesi, ma ad un paio di incontri. Su questo tema si devono prendere decisioni veloci».
Ma quindi, cosa si insegnerà a ragazzi e ragazze? A bambini e bambine?
«Non di affettività, quello no. Perché ciascuno la interpreta politicamente a modo proprio. E c’è chi ha dei retropensieri, così preferisco evitare ciò che divide. Dobbiamo concentrarci su come crescere cittadini consapevoli e responsabili. E io parto da alcuni punti, che proporrò al mondo della scuola».
Quali?
«Per me iè importante insegnare ai giovani i rispetto, a 360°. E la valorizzazione di sé. Che capiscano che sono importanti come individui dentro la società, che il loro valore è fondamentale. E va insegnato ai giovani che non devono avere il timore di chiedere aiuto quando hanno bisogno. I nostri giovani devono essere valorizzati».
In generale. Ma in particolare, per educare le nuove generazioni a rapportarsi in modo diverso tra uomini e donne?
«Credo sia importante fare un percorso sulla gestione della rabbia. Per insegnare a evitare atteggiamenti di arroganza, anche nelle discussioni, e si dominio e possesso. Questo è importantissimo. E poi va insegnato anche il rispetto delle regole, che appare sempre più sfumato».
I corsi precedenti, quelli poi cancellati da Fugatti, si concentravano anche sul rapporto tra i generi, sulla decostruzione degli stereotipi…
«Io sono convinta che le mie proposte, che ovviamente sottoporrò al dibattito anche con esperti, possano portare a relazioni sane, in generale. In famiglia, tra gli studenti, nei rapporti interpersonali. Sto parlando di educare alla cultura del rispetto, sono convinta che sia molto di più di un corso sulle relazioni tra i generi».
Lei però è l’assessora alle Pari opportunità.
«Assessore prego… Una cosa sono le pari opportunità, altra cosa la parità dei generi. Uomini e donne sono diversi, in una cosa può eccellere un uomo e in un’altra una donna. Anche dentro lo stesso gruppo di uomini o di donne. Insomma, siamo tutti diversi, e la diversità è ricchezza».
Assessora, ma sono proprio gli stereotipi che quei corsi volevano criticare. Che la donna è obbligata alla subordinazione rispetto all’uomo e destinata a lavori di cura. O a usare declinazioni al maschile anche nei ruoli che ricopre.
«Non so come era fatto il percorso di prima. Ma anche su questi temi del diversi ruoli di uomini e donne, credo che tutto passi attraverso il rispetto dell’altro e dell’altra».
C’è chi pensa che il problema sia insito nella società, nella cultura, con retaggi patriarcali. Lei non condivide?
«No, onestamente no. E non si può certo generalizzare: io, ad esempio, non credo di essere una donna vittima del patriarcato. Poi è ovvio che possano esserci dei retaggi culturali che ci si porta dietro, ma non possiamo negare che ci siano stati molti cambiamenti. Se c’è da lavorare ancora, si lavora. Ma dire che oggi ci sia ancora la cultura del patriarcato mi sembra esagerato».
Perché quindi sono gli uomini che ammazzano le donne?
«Ci sono uomini che hanno un’idea di possesso della donna. E che alla donna non permettono di essere libera. Problemi che, più che culturali, sono forse psicologici».
Tornando alla scuola, partiranno dunque nuovi percorsi. Ma non varrebbe la pena riprendere in mano, anche modificandolo, l’impianto dei corsi che c’era già?
«Vorrei piuttosto portare avanti l’impostazione che ho in mente io, perché ritengo che sia molto più ampia di quella proposta precedentemente».
Sempre in tema di scuola. A breve scade la nomina per la sovrintendenza. Una struttura che intende mantenere?
«Quello del Soprintendente è un ruolo previsto dalla legge provinciale. Ma la nomina non è più fiduciaria, sarà fatto un bando per la selezione. Per quanto riguarda il suo mantenimento come struttura, posso dire che anzitutto va chiarito il ruolo e la funzione attraverso una declaratoria più dettagliata. Se il ruolo di questa figura fosse solo rappresentare all’assessorato le istanze dei dirigenti scolastici, preferisco incontrarli io di persona, ma non è così. Sul mantenimento di questa struttura, vedremo in futuro».
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