Le recensioni del festival
giovedì 4 Maggio, 2023
di Davide Orsato
I segni dell’età sulla fronte del «vecchio« Jørgen come le crepe del ghiacciaio Jostedalsbreen, il più grande dell’Europa continentale: da due decenni costretto a una veloce ritirata. Parlano le stagione della natura, e della vita umana, nel film «Songs of Earth», «La canzone della Terra», con cui la regista Margreth Olin ha voluto raccontare il luogo delle sue radici, la sua famiglia, a partire dagli anziani genitori, le uniche figure umane a comparire nei novanta minuti di pellicola.
Olin è la documentarista più celebrata in patria e il film, in concorso al Trento Film Festival, è prima di tutto una talentuosa dimostrazione di tecnica: le riprese a volo d’uccello (o meglio, di drone) di Oldendale, sul colossale Nordfjord, l’assoluto protagonista del lungometraggio, sulle distese di ghiaccio, sulle cime e sulle foreste della Norvegia occidentale; l’arte di saper cogliere l’attimo (e l’inquadratura) con gli abitanti «non umani» di quella terra: renne, faine, gufi, salmerini e gli insetti che ne animano la breve estate, il montaggio sapiente che sa saldare le soggettive dell’anziano padre con prospettive «impossibili» per l’occhio umano. Ma è tecnica che sposa felicemente un racconto: quello di una comunità che ha dovuto lottare per sopravvivere in un ambiente solo all’apparenza idilliaco, tra isolamento e disastri naturali (viene ricordata la disastrosa frana del 1935). E quello di una coppia, Jørgen, per l’appunto e sua moglie Magnhild, papà e mamma di Margreth che, superati i cinquant’anni insieme, si chiamano ancora tra loro «ragazzo e ragazza».
Ed è Jørgen, camminando («Dicono che ho 84 anni, ma non so se è vero») ad accompagnare lo spettatore nei «suoi» luoghi. «Ci sono escursioni che non si possono programmare — afferma durante il film — ma che semplicemente accadono». Jørgen ci accompagna ai piedi dell’abete che si staglia unico della sua specie tra le altre piante del bosco e che fu piantato da suo nonno: un simbolo di memoria e di continuità, ma anche di una presenza discreta dell’uomo in un ambiente ancora in gran parte incontaminato. «La natura è il nostro prima amore, non dimentichiamolo» è il motto che appare all’inizio e alla fine del film. Il pericolo è dietro l’angolo: Olin sceglie di non parlare di cambiamenti climatici ma di mostrare il decadimento inarrestabile del ghiacciaio, associandolo alla vecchiaia dei genitori, che non temono di affrontare l’argomento della morte. Pellicola in concorso, «Song of Earth» è stato prodotto da Wim Wenders e Liv Ullmann e arriva a Trento con critiche favorevolissime. È un film, a modo suo, anche musicale: la delicata voce di Magnhild intona canzoni popolari sul sottofondo dei nitidissimi rumori ambientali. Non è un caso che l’organizzazione del festival abbia scelto di accompagnarlo con il corto «The legend of Goldhorn» film d’animazione sloveno (di Lea Vucko) in cui, come in Pierino e il lupo, ogni personaggio è caratterizzato dal registro di uno strumento musicale. In questo caso, del panorama della musica tradizionale folk slava.
Voto: 8
Abbiamo cominciato la pubblicazione dei film più interessanti del Trento Film Festival secondo la redazione de il T, nelle prossime ore e nei prossimi giorni racconteremo le pellicole che hanno catturato la nostra attenzione. Il nostro speciale dedicato al festival invece è disponibile qui gratuitamente