Il caso
venerdì 2 Febbraio, 2024
di Simone Casciano
Sono due i filoni d’inchiesta che negli ultimi mesi hanno interessato il sottosegretario alla cultura e presidente del Mart, Vittorio Sgarbi. E forse sulla sua decisione di dimettersi dall’incarico di governo hanno pesato entrambe. Lui nello spiegare i motivi della sua decisione ha detto che erano dovuti a come l’incarico limasse i suoi impegni culturali spiegando che: «L’Antitrust ha mandato una molto complessa e confusa lettera, dicendo che aveva accolto due lettere anonime che ha inviato all’Antitrust il ministro della Cultura, in cui c’era scritto che io non posso fare una conferenza da Porro e non posso parlare di Michelangelo a teatro. Adesso sono solo Vittorio Sgarbi, non sono più sottosegretario». Impossibile però non pensare a quanto possano aver pesato le recenti inchieste sulla sua posizione di governo.
La prima riguardava delle fatture incassate da Sgarbi. Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. È il reato che la Procura di Roma, stando a quanto veniva riportato da Il Fatto Quotidiano, era stata contesta al sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, per una vicenda che risale all’ottobre del 2020. Secondo l’accusa il critico d’arte non avrebbe pagato i debiti con l’Agenzia delle Entrate per un totale di circa 715 mila euro.
«Secondo i pm nell’ottobre del 2020 Sgarbi partecipa ad una asta, ma il sottosegretario nega» e acquista un’opera di Vittorio Zecchin, sostiene il quotidiano. Aggiudicata per 148 mila euro circa, l’opera però non sarebbe stata comprata dal sottosegretario, bensì dalla sua fidanzata. Il punto è che secondo la Procura di Roma il reale acquirente era Sgarbi. «Per questo i magistrati gli contestano la sottrazione fraudolenta al pagamento – si legge sul Fatto- delle imposte come previsto dall’articolo 11 della legge 74 del 2000, che punisce chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte…aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva».
In una lunga nota Sgarbi si era difeso, accusando il quotidiano di riportare «integralmente le ricostruzioni diffamatorie e calunniose di una lettera anonima inviata a istituzioni e giornali».
Tra la fine di dicembre e gennaio poi era esploso un nuovo caso: quello relativo ad un quadro di Rutilio Manetti, un caso su cui per primo aveva puntato l’attenzione Report. La trasmissione di Sigfrido Ranucci in onda su Raitre aveva mandato in onda un servizio in cui metteva in dubbio la provenienza di un quadro di proprietà della Fondazione Cavallini-Sgarbi.
L’accusa
Il quadro in questione è un’opera del Seicento di Rutilio Manetti esposta da Sgarbi a Lucca nel corso di una mostra su Caravaggio nel 2021. Un’opera che però somiglia molto ad un quadro dello stesso autore trafugato nel 2013. L’unica differenza tra i due dipinti, raffiguranti entrambi San Pietro sarebbe una fiaccola, una torcia presente in alto a sinistra nel quadro di proprietà di Sgarbi e assente in quello rubato. Secondo Report però si tratterebbe proprio dello stesso quadro. Report ha ricostruito che «il trasportatore di fiducia di Sgarbi, Valerio Zannoni, nel 2018 ha recuperato il Manetti dallo studio del restauratore Mingardi, e l’ha portato nella sede della fondazione Cavallini-Sgarbi. Come dimostrano le foto di Mingardi, quel quadro non ha la candela. Poi il quadro viene trasportato presso lo studio di un’altra restauratrice, Valentina Piovan. Che smentisce di aver messo lei la fiaccola». La ricostruzione giornalistica continua poi dicendo che «nell’ottobre 2020, Samuele De Pietri prende l’opera da Piovan e la porta nella sua azienda, la Glab. Nell’opera che ritira da Piovan, in alto a sinistra appare la fiaccola. La Glab è società esperta nella scansione ad alta qualità, e quando analizza il dipinto di Manetti per creare un clone su incarico di Sgarbi, emergono particolari interessanti: intanto, le crepe sulla vernice tipiche di una vecchia tela sono ovunque tranne dove c’erano i buchi. Si nota anche che il frammento trovato nel castello di Buriasco, dove l’opera era stata rubata, si incastra perfettamente nei buchi dell’opera ricevuta da Mingardi, segno del restauro, le vecchie crepe poi mancano anche dove è presente la fiaccola. Segno che è la vernice in quei punti è stata aggiunta di recente».
Dall’inchiesta giornalistica a quella giudiziaria
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata ha delegato il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale all’esecuzione di perquisizioni domiciliari nei confronti del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, con contestuale notifica della posizione di indagato, relativa all’ipotesi di reato di riciclaggio. La perquisizione è stata disposta nell’ambito di indagine relativa all’ipotesi di reato di riciclaggio a carico di Sgarbi, per avere acquisito la disponibilità di un bene culturale, costituito da un quadro del Seicento di grosse dimensioni raffigurante «un giudice che condanna un uomo dal viso venerando dal profilo di San Pietro» attribuito al pittore Rutilio Manetti.
Nel corso delle operazioni, estese anche ai domicili romano e marchigiano del critico d’arte, cui hanno collaborato anche le parti in causa, sono stati sequestrati anche dispositivi telematici, informatici e documentali inerenti l’indagine in corso. Secondo quanto si legge nella nota dei Carabinieri Tpc, l’opera sarebbe il provento di furto, avvenuto presso il castello di Buriasco ai danni della proprietaria Margherita Buzio, denunciato il 14 febbraio 2013 ai Carabinieri di Vigone nel torinese, in concorso con persone allo stato ignote.
Le perquisizioni hanno portato al sequestro del dipinto per i successivi riscontri scientifici, dipinto che è stato trovato dalle autorità presso magazzini di Ro Ferrarese in provincia di Ferrara nella disponibilità della Fondazione “Cavallini-Sgarbi” assieme ad una copia in 3D, fatta eseguire da un laboratorio di Correggio in provincia di Reggio Emilia. «Ho consegnato spontaneamente l’opera perché siano fatte tutte le verifiche del caso. Non ho nulla da temere» aveva scritto Sgarbi in un post su X dopo le perquisizioni. Ora arrivano le dimissioni da sottosegretario, precedute dalla non conferma alla guida della Fondazione Canova. Sgarbi rimane invece ancora in carica come presidente del Mart.