L'intervista
domenica 18 Giugno, 2023
di Simone Casalini
Abbandonato su una poltrona del suo ufficio, nel tempio disegnato da Mario Botta, il discorso riflessivo e acuto, lontano dai ritmi crudi dei talk show, Vittorio Sgarbi si muove con il pensiero, inseguendo gli ultimi mesi della sua presidenza al Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto e le prossime sfide politiche. Nella prima sosta il bilancio di un’esperienza positiva ma con qualche reticenza sul futuro («Se Fugatti venisse confermato e mi proponesse un secondo mandato non so se accetterei. Ci penserei, il ruolo di sottosegretario alla cultura è impegnativo»), nella seconda una doppia candidatura nel breve termine: alle elezioni provinciali di Bolzano e nel collegio di Monza dopo la morte di Silvio Berlusconi («Vedrò se solo o con la coalizione, è un’ipotesi»). Con il traino delle mostre di Giotto (conclusa) e Klimt (fino al 27 agosto) il Mart raggiungerà centomila visitatori entro la fine del mese. Furono 111mila in tutto il 2022. Numeri che restituiscono l’interesse del pubblico e che miglioreranno la performance di un anno addietro. La risalita del museo porterà anche a sanare la posizione di 12 collaboratrici che danno forma ad un servizio esternalizzato legato alla guida e alla didattica. «Saranno assunte nello staff di presidenza» anticipa Sgarbi.
Presidente, la legislatura provinciale si avvia a chiusura e anche il suo mandato terminerà. Tempo di bilanci…
«Il Mart ha avuto una grande stagione, quella di Gabriella Belli. Poi ha conosciuto due interludi: uno un po’ capriccioso con Cristiana Collu che si è contraddistinto essenzialmente per la mostra su Antonello da Messina che è un’anticipazione della mia visione; l’altro è quello di Gianfranco Maraniello, un uomo gentile che ho aiutato a diventare direttore al Mambo di Bologna perché lo meritava. Ma qui al Mart non saprei dire nulla di memorabile della sua direzione. Poi sono arrivato io, la mia presidenza è stata un commissariamento perché ho riunito due funzioni. Il commissariamento ha creato un effetto di ebbrezza e imprevedibilità, consentendo che dopo il lungo regno di Gabriella Belli ci fosse un mandato innovativo e un’azione in contropiede rispetto al prevedibile orientamento dei musei di arte moderna e contemporanea. Con buoni risultati di pubblico».
La critica di settore però si è divisa: il «Giornale dell’arte» ha definito il Mart il peggiore museo d’Italia e lei peggior curatore.
«È il segnale del grande successo del Mart e della sua progettualità. Essere fuori dalla linea dell’ovvietà, di musei che fanno le stesse cose e che rientrano in una grande mafia. Potente in termini di denaro, non di idee».
Un suo ex critico, il gallerista Massimo Minini, su ArtsLife, ha definito invece il Mart il più bel museo d’Italia….agli antipodi.
«Minini è stata una mia seduzione perché stava dall’altra parte della critica. Il mio Mart viene attaccato poiché considerato eretico. Ma è la linea che desideravo. La Provincia ha ottenuto un risultato di rigenerazione. Le critiche lo confermano».
Come collocherebbe il Mart a livello nazionale?
«È l’unico museo con questa denominazione – moderna e contemporanea – che ha un’attività e un programma consistenti e incalzanti. Ha cercato di seguirci il Museo del Novecento di Firenze. Altri segnali non sono pervenuti. Milano non offre stimoli, a Roma il Maxxi sta provando a rialzare la testa».
Forse anche l’arte che in origine ha una funzione di provocazione e politica ha perso il suo attrito sulla realtà diventando intrattenimento. Milioni di turisti, il consumo fugace di opere e cibo…
«Sì, può essere. Al di fuori del Mart non ci sono musei che sollecitano la mia curiosità. Infatti vado agli Uffizi e a Capodimonte. Chi fa intrattenimento si assume un rischio. Il Mart realizza progetti talmente capricciosi: Julius Evola, Arturo Nathan, gli Eretici. Poi qualche titolo da cartellone come Klimt potenzia ancora di più la forza attrattiva che peraltro abbiamo visto con le mostre di Giotto e Caravaggio. A mio avviso l’essenziale è che si ripensi la grande arte e che ci ripensiamo noi come contemporanei. In un museo di arte contemporanea nessuno ha mai potuto osservare Giotto».
Sembra una critica e uno snaturamento dei musei di arte contemporanea…
«Quando ero ragazzo i musei di arte contemporanea erano frequentati da gente disperata, senza idee. Negli ultimi decenni sono stati ispirati dalla filosofia di Achille Bonito Oliva, cioè il nulla cosmico. Dove contano le situazioni alla Nanni Moretti: mi si vede di più se ci sono o se manco? L’altro meccanismo di subalternità è l’incanto per i milioni di euro spesi per le opere. Hai mercato se vendi a 3 o 5 milioni di euro un’opera. Allestisci una mostra di Anish Kapoor e la gente arriva perché è attratta dalla ricchezza. Io amo gli artisti poveri».
Siamo quasi a metà 2023, ci può dare qualche anticipazione sui numeri?
«Ad oggi il Mart ha avuto 88.888 ingressi, a fine mese supereremo i centomila. Casa Depero ne ha fatti registrare 16.816, la Civica 4525. Insieme siamo a 110.000 a cui andranno sommati quelli delle Albere (nel 2022 furono in totale 220mila, ndr)».
Avete un giacimento artistico negli archivi.
«Che tireremo in parte fuori per una mostra che comincerà al Mag di Riva del Garda il 15 luglio. S’intitolerà “Dal futurismo all’informale”. Con opere di Balla, Depero, De Chirico».
Avete anche un fronte aperto per alcuni servizi esternalizzati con contratti sottopagati e problematici. C’è una soluzione?
«Tutte le persone utili al museo devono avere il titolo per esserlo. In qualunque concorso vincerebbero. Tanto vale che le assumiamo senza e istituiamo uno staff della presidenza. La riorganizzazione del Mart ha comportato l’istituzione di quattro aree – dalle mostre al marketing – e c’è l’esigenza di forze utili e attive. Sono dodici persone che inseriremo».
Il 22 ottobre ci saranno le elezioni provinciali. Nel Comune di Sutri, dove era sindaco, ha rinunciato a ricandidarsi perché Fratelli d’Italia voleva un suo esponente. Il governatore uscente Fugatti è in una situazione simile.
«È un partito in crescita che vuole capitalizzare, cambiando anche gli uscenti. Nel mio caso feci presente alla premier Meloni che stavano appoggiando un candidato di Casapound. Quanto a Fugatti le ultime notizie che ho, provenienti da FdI, è che ritireranno la loro candidata (Francesca Gerosa, ndr) in cambio di alcune condizioni. Mi parrebbe più lineare».
Supponiamo che il centrodestra rivinca e le proponga un secondo round.
«Quando venni nominato sottosegretario pensai di proseguire nell’incarico al Mart perché non c’era incompatibilità. Valuterò se rimanere in caso di proposta. Ci penserei».
Davvero non sarebbe scontato?
«Non resterei sicuramente. E non ho affezione ai posti. Poi da sottosegretario ho la delega al pronto soccorso e siccome il mondo è pieno di coglioni anche i miei impegni sono tanti. Il Mart è un museo che funziona perché ha una classe dirigente, coltivata da Belli, ben formata. Lo stesso Franco Panizza che ho imposto al centrodestra – credevano fosse una mia debolezza – è stata un’intuizione».
Cominciò, però, con una lettera di protesta dei dipendenti.
«Una lettera insultante, mi insegnava l’etica…hanno atteso il tempo utile e verificato. Oggi credo firmerebbero tutti a mio favore».
Da dove ripartirebbe?
«Da due mostre in corso di realizzazione: l’arte e il comunismo e l’arte e il fascismo. Non so ancora se saranno associate o separate, ma accenderanno l’animo degli italiani».
È vero che si candiderà alle elezioni provinciali a Bolzano?
«Sì, mi hanno chiesto una disponibilità vista la mia attività in regione. Con Rinascimento e Forza Italia valuteremo se entrare in lista con la Lega o con Fratelli d’Italia che sono in ascesa. L’obiettivo è estendere la capacità di penetrazione del centrodestra».
E il collegio di Monza-Brianza rimasto vacante dopo la morte di Silvio Berlusconi? Si dovrà votare entro il 29 ottobre.
«C’è l’ipotesi di una mia candidatura, con o senza la coalizione. Valuteremo».
Durante la sua presidenza-direzione del Mart ha vissuto anche l’esperienza del tumore. Come l’ha cambiata?
«Il mio carattere è rimasto identico, le mie consuetudini sono invece mutate. Soprattutto la componente ludica della mia vita».