la storia
sabato 7 Gennaio, 2023
di Sara Alouani
Hajar Boudraa nasce in Marocco nel 1992 e dopo aver vissuto con la famiglia in Provincia di Verona dall’età di 5 anni si è trasferita a Trento per frequentare la prestigiosa facoltà di Giurisprudenza. Dal 2011 si è, quindi, stabilita definitivamente a Trento dove sogna di diventare magistrata. Al momento è iscritta alla scuola di specializzazione per le professioni legali (SSPL) a Trento ed esercita come vice procuratrice onoriara a Verona.
Non si è subito iscritta alla scuola di specializzazione una volta laureata?
«In realtà, avrei voluto iscrivermi subito dopo la laurea che ho conseguito nell’anno accademico 2017/2018. Tra l’altro, quell’anno la scuola avrebbe avuto sede amministrativa proprio a Verona. Mi serviva la borsa di studio, perché non potevo permettermi di pagare di tasca mia la quota e non volevo gravare sulla famiglia, che sicuramente avrebbe fatto sacrifici per aiutarmi. Purtroppo, però non sono riuscita ad ottenerla: le borse di studio riservate ai cittadini stranieri erano circa il 5% ed io all’epoca non possedevo la cittadinanza italiana. Ricordo di aver pianto molto. Continuavo a chiedermi dove fosse la meritocrazia, dove fosse l’articolo 3 della costituzione che parla di uguaglianza formale e, soprattutto, di uguaglianza sostanziale. Dov’era lo Stato che supporta e incentiva i giovani meritevoli?»
Ha pensato di mollare?
«Forse. In quel momento ho capito che la mia capacità di sognare doveva confrontarsi con la triste realtà dei fatti. Per me sognare significa avere delle ali che ti aiutano a volare in alto. Piano piano, però, la realtà me le stava togliendo piuma dopo piuma e ad un certo punto mi sono resa conto di averle perse quasi del tutto.
Vengo da una famiglia non abbiente, sono donna e sono pure velata, quindi, oltre alle necessità economiche che assorbono gran parte della mia energia devo anche fare i conti con i pregiudizi della società. In generale, ho capito che il mondo, soprattutto quando si tratta di lavoro, non è meritocratico e più volte ne ho avuto la prova. Mi sono anche proposta alla Federazione Trentina della Cooperazione ma ho trovato tante porte sbattute in faccia. Per fortuna non tutte».
Possiamo dire che il percorso di specializzazione che ha scelto non è fra i più economici?
«Il percorso della magistratura è molto costoso e, direi, elitario, ritagliato per quei pochi che possono permettersi di studiare senza la preoccupazione di doversi mantenere e allo stesso tempo pagare i corsi. Con la mia storia mi piacerebbe scardinare questo meccanismo».
Ha deciso di inseguire il suo sogno comunque?
«Certamente. La volontà di rivincita sulla società è ciò che mi ha permesso di andare avanti e non mollare la presa nonostante tutte le difficoltà; mi sono rimboccata le maniche e per un paio di anni ho lavorato in Trentino in campi non legati ai miei studi per guadagnare quello che serviva per sostenere i costi di questo tortuoso e lungo percorso.
A novembre 2021 ho superato il concorso per accedere alla SSPL la cui durata è di due anni e serve per accedere al concorso di magistratura. Ironia della sorte: dall’estate 2022 la riforma della giustizia Cartabia ha eliminato questo requisito. Ora si può accedere al concorso della magistratura direttamente dopo la laurea».
Una sfortuna aver perso di poco questo emendamento.
«No. In realtà è una scuola altamente formante e sono molto felice di essere all’interno di questo percorso. È importantissimo anche seguire i corsi tenuti da giudici e sicuramente mi iscriverò ad alcuni di questi. È un’ulteriore spesa che grava sul mio portafoglio ma ne vale la pena».
Poco fa ha parlato di poca meritocrazia nel mondo del lavoro. Ha cambiato idea?
«Ho fiducia nella magistratura, e soprattutto, vedo meritocrazia nel concorso pubblico dove valutano prove senza alcun segno identificavo. Non c’è né nome né cognome né una foto. Solo una volta corrette le prove vengono attribuite ad una persona: non può esserci cosa più meritocratica di questa. Sono convinta di poter conquistare quel titolo, perché qui si tratta di capacità vere e proprie senza la zavorra delle apparenze che mi accompagna da sempre. Nel mondo del lavoro ho sempre avuto l’idea di non essere nel posto giusto a causa del mio aspetto esteriore che prevaleva sempre sulla sostanza. Era un costante dimostrare di valere veramente qualcosa. Quando ho iniziato il tirocinio in affiancamento ad un giudice ordinario presso il tribunale di Trento, invece, ho avuto una bellissima sensazione: finalmente ero dove dovevo essere».
Come mai esercita già come vice procuratrice onoraria al tribunale di Verona?
«Grazie ad una convenzione siglata tra la SSPL e la procura che permette a uno specializzando di rivestire il ruolo di viceprocuratore onorario e esercitare le funzioni di pubblico ministero nei processi penali di fronte al giudice di pace, senza affiancamento. Non è un passaggio obbligatorio ma ho voluto assolutamente fare questa esperienza. Sono pendolare e certamente mi costa energia e tempo (Trenitalia non aiuta – ride–) oltre che denaro ma la soddisfazione è il premio migliore».
Che cosa fa in qualità di vice procuratrice onoraria?
«Quello che fa un pubblico ministero. Devo studiare i singoli fascicoli per ogni caso con capi d’imputazione di vario genere e presenziare alle udienze confrontandomi con gli avvocati degli imputati e gli avvocati delle persone offese costruite parte civile nel processo. In poche parole: Rappresento con imparzialità la giustizia a tutto tondo seguendo le regole della procedura penale».
È la prima vice procuratrice ad indossare il velo?
«Sono la prima a livello nazionale a ricoprire questa carica indossando il velo. Nell’avvocatura, invece, ci sono già, per fortuna, colleghe che lo portano».
Come mai ha scelto di portare il velo?
«Ho deciso di indossarlo all’età di 13 anni e devo ammettere che nel corso degli anni ha rivestito significati diversi. Oggi per me è fede, libertà, identità e, in un mondo segnato dal conformismo, rappresenta anche un simbolo di forza e coraggio. Peccato che esso ‘spaventi’ a tal punto da rendere più difficile ad una donna velata l’accesso ad alcuni impieghi. È proprio in questo che trovo che non siamo noi donne velate ad avere un limite, bensì la parte di società che la pensa in tal modo».
Quali sono le sue prossime tappe?
«Al momento sono in attesa della graduatoria di un bando per insegnare all’università. Già l’anno scorso mi sono aggiudicata un assegno di insegnamento ed ho tenuto il «corso propedeutico alla stesura dell’elaborato finale» a Giurisprudenza a Verona, che è obbligatorio per gli studenti dell’ultimo anno.
Inoltre, tra poco comincerò l’ultimo tirocinio presso la Procura di Trento e poi, una volta superato l’esame finale, dovrò prepararmi per il concorso di magistratura che è estremamente selettivo. Talvolta non riescono nemmeno a coprire tutti i posti vacanti, perché molti iscritti vengono rimandati. È una prova che si può ripetere solo tre volte nell’arco della vita, quindi, bisogna iscriversi solo quando si è raggiunto un livello di preparazione eccellente».
Siamo sicuri che ce la farà.
«Sono molto motivata e la perseveranza è la mia miglior arma. Il merito, però è anche della mia famiglia che mi ha sempre sostenuta facendo grandi sacrifici. Ringrazio anche i miei professori del liceo che hanno creduto in me, le mie amicizie e per ultimo, non per importanza, Dio».