L'INTERVISTA
venerdì 7 Giugno, 2024
di Lorenzo Fabiano
Quell’ultimo giro a rincorrere la lepre, il norvegese Mezng; fino a raggiungerlo, superarlo e sfogare tutta la gioia con le braccia alzate al cielo. Due anni fa, i «momenti di gloria» di Yeman Crippa sulla pista di Monaco di Baviera, la sua pazza corsa all’oro ai campionati europei: «Son passati due anni, il tempo vola. Ogni tanto, giusto per non dimenticarmela, quella gara me la riguardo, ed è sempre una grande emozione rivederla», racconta lui, una delle nostre stelle ai campionati europei che si aprono oggi a Roma.
Yeman, quello è stato finora lo zenith della sua carriera; ora ha svoltato sulla maratona, perché questa scelta?
«È una cosa che avevo in mente da un po’ di tempo, più o meno da tre o quattro anni. Aspettavo solo che arrivasse il momento giusto per passare alla maratona e trovare nuovi stimoli. Sapevo di poter dare il meglio sulla lunga distanza, diciamo che era questione di tempo».
Primato italiano a Siviglia lo scorso febbraio, mica male per uno che era alla sua seconda maratona…
«Se fai il record italiano alla tua seconda maratona, significa che un po’ portato lo devi essere. Non mi aspettavo di provare così tante emozioni nel prepararla e affrontarla, ti dà molto di più rispetto a una gara in pista».
La concorrenza è durissima.
«Senza andare tanto lontano, in Africa soprattutto, in Italia siamo cinque o sei ad aver raggiunto il minimo di standard olimpico. Io so di avere tanto margine di miglioramento, poi si vedrà maratona dopo maratona».
Cosa si aspetta da questi campionati europei a Roma?
«Prima faccio la mezza maratona, un bell’allenamento a due mesi dai Giochi olimpici di Parigi, e ci punto. Poi avrò solo due giorni di riposo per i 10.000 metri, dove spero di riconfermarmi per essere il più avanti possibile».
Il presidente Mei ha fissato l’obiettivo di 12 medaglie azzurre, record stabilito nel 1990 a Spalato. Fattibile?
«Siamo una squadra forte, io dico che il record di Spalato è fattibile. Ci proviamo, Se non lo raggiungiamo ci andremo vicini. Come tutti, io farò la mia parte. Non so da quanto tempo non si faccia un campionato d’Europa in Italia (cinquant’anni, ndr), personalmente non l’ho mai fatto. Correre in casa vuol dire tanto, è uno stimolo in più. Non vedo l’ora di fare la mezza maratona sulle strade di Roma, speriamo venga tanta gente. Sarà bellissimo».
Lei come si è preparato?
«Una preparazione molto semplice, partita a ottobre per arrivare alla maratona di Siviglia a febbraio. Una settimana di riposo e ho ripreso ad allenarmi. Son molto soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto. Abbiamo ridotto i chilometri solo nell’ultimo periodo in vista della mezza maratona di Roma».
Parigi val bene una messa?
«Di sicuro è la mia Olimpiade più importante, non so se ne verranno altre. Tokyo, segnata dalla pandemia, non ce la siamo goduta. A Parigi correrò la mia terza maratona: è un percorso collinare, tosto con rampe di 600-700 metri. Un percorso che mi si addice e che accorcia le distanze tra quelli di prima fascia e noi di seconda. Se qualcuno dei top cede, tu devi farti trovare super pronto; ecco perché è fondamentale correre davanti».
Degli italiani nati altrove ma cresciuti qui e di quelli di seconda generazione, pare ci si ricordi solo alle Olimpiadi… Potremmo far meglio, lei che ne dice?
«Io non ci penso neanche, non mi sorge neanche il dubbio, ed è così anche per tanti altri ragazzi non nati in Italia o nati in Italia da genitori stranieri. In Nazionale non parliamo di questo. Fuori dal nostro ambiente magari la questione può esserci, ma io mi sento italiano al 100%».
Trento: cosa le ha dato e cosa le dà questa città?
«Vivo a Cognola e mi alleno a Trento, uno dei posti migliori in Italia dove allenarsi. Soprattutto per un mezzofondista, grazie alla ciclabile lungo l’Adige che ti permette di fare tutti i chilometri che vuoi. Parlo coi ragazzi di altre città e sento i racconti di chi si allena ad esempio a Milano, tra semafori, traffico e clacson che ti suonano. Mi trovo benissimo qui, non mi manca nulla: sono fiero e orgoglioso di poter rappresentare Trento in giro per il mondo. È una città che mi ha dato casa e stabilità, il posto ideale dove vivere».
Il suo nome Yemaneberhan significa «il braccio destro di Dio». Mi tolga una curiosità: ma due anni fa in quell’ultimo pazzo giro di pista a Monaco di Baviera, ha sentito una mano spingerla dall’alto?
«No dai, non credo che Dio arrivi a tanto (ride, ndr). E poi non sarebbe corretto nei confronti degli altri atleti».
In bocca al lupo, Yeman. Continui a farci sognare.
«Di sicuro! Finché metterò un pettorale per correre darò sempre il massimo per fare del mio meglio».