Università
giovedì 1 Febbraio, 2024
di Simone Casciano
Come un corpo celeste che seguendo il suo moto gravitazionale torna dov’era già stato prima, o forse come una cometa che passa vicino ad un pianeta mentre prosegue il suo viaggio nello spazio infinito. Così appare la storia di Carlo Zanoni, «un testardo ingegnere» come si definisce lui. Trentino, laureato all’Università di Trento, Carlo Zanoni mosse i suoi primi passi nel mondo del lavoro occupandosi di Lisa Pathfinder e dopo varie esperienze all’estero ha scelto di tornare a Trento due anni fa proprio per lavorare a Lisa. La missione spaziale con il cuore trentino, che punta a misurare le onde gravitazionali a basse frequenze nello spazio, recentemente adottata dall’Agenzia spaziale europea e di cui è previsto il lancio nel 2035.
Carlo Zanoni qual è stato il suo percorso?
«Ho studiato ingegneria a Trento facendo qui sia il mio percorso triennale che quello magistrale, specializzandomi nell’area meccatronica. Ho scelto ingegneria invece che fisica perché mi è sempre piaciuto risolvere problemi complessi».
E poi?
«Ho fatto un tirocinio di sei mesi ad Airbus e lì ho cominciato a lavorare a Lisa Pathfinder, la missione spaziale che ha preceduto Lisa. A quel punto ho fatto un dottorato a Trento che mi ha permesso di andare sei mesi in California a Stanford. Poi ancora prima di finire il dottorato sono stato preso al Cern di Ginevra, nel 2014. Sono rimasto lì 3 anni che è il massimo del tempo con questo programma di assunzioni di giovani ingegneri e fisici. Mi sono occupato dell’aggiornamento del Lhc, l’acceleratore di particelle di 27 km del centro. È stata la prima volta che mi sono occupato di coordinare molteplici attività ingegneristiche, una competenza che poi mi è sempre servita nel mio lavoro. Nel 2018, terminata l’esperienza al Cern, mi sono spostato a Monaco di Baviera. Lì ho lavorato per lo European Southern Observatory (Eso), un’organizzazione europea che si occupa di realizzare e gestire grandi telescopi europei nel deserto del Cile. Stavamo lavorando a un nuovo nel deserto dell’Atacama di grandissime dimensioni, con uno specchio primario di 40 metri di diametro».
E poi è tornato a Trento?
«Sì, all’Eso sarei potuto rimanere quanto volevo, ma ho deciso di tornare. Ho avuto la fortuna di trovare un bando dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) che si occupava del progetto Lisa e con sede a Trento, mi sono candidato e ho vinto. Sono molto contento».
E nello specifico di cosa si occupa?
«Il mio ruolo è quello di ingegnere di sistema per il payload di Lisa. Lavoriamo sul sensore, la parte di Lisa sensibile alle onde gravitazionali. Con le dovute differenze il mio lavoro è molto simile a quello che facevo al Cern e a Eso. Faccio da cerniera tra l’accademia, il team scientifico che si occupa di garantire la comprensione scientifica della tecnologia necessaria a questa missione, e l’industria, che su contratto con l’Agenzia spaziale italiana costruisce l’hardware di cui c’è bisogno».
Lei ha proprio scelto di tornare a Trento? Perché?
«Sì esatto, è una cosa che avevo in mente da un po’. Forse perché le radici trentine sono profonde. Non è stata una scelta né scontata, né semplice. Però ho sempre avuto la volontà di restituire le mie esperienze professionali e di vita sul mio territorio, quello in cui ho le mie radici e che ha investito su di me. Riportare qui la ricchezza di conoscenze che avevo incontrato nel mio percorso. Per esempio nella squadra di Lisa siamo circa in 20 tra cui tanti giovani e dottorandi. Una cosa che mi piace è che, oltre che guidarli nel progetto, posso essere di esempio per il loro percorso professionale, offrire consigli e indirizzarli».
Da Lisa Pathfinder a Lisa, è un cerchio che si chiude?
«Sicuramente sì, fa anche sorridere. Il fatto di aver avuto un po’ di esperienza sul primo progetto mi ha permesso di essere operativo in tempi brevi. Poi è una bella soddisfazione quella di aver lasciato il prototipo e trovarsi ora a lavorare sul satellite vero e proprio».
Perché Lisa è importante?
«Lisa si occuperà di misurare le sorgenti di onde gravitazionali nello spazio, tra cui i buchi neri che sono tra le fonti più importanti. L’unico modo per registrarle a basse frequenze è andare nello spazio e Lisa è l’unico progetto che punta a fare tutto questo. È molto importante per l’Esa. Poi lavorando ad un progetto del genere, da un punto di vista ingegneristico, si sviluppano tecnologie importanti, si fanno crescere competenze e professioni, si genera un indotto positivo su tutto il territorio europeo. Infine per me personalmente risolvere problemi così complicati è dannatamente divertente (ride, ndr)».
Pensa che il suo percorso di studi in Trentino l’abbia aiutata a raggiungere questi traguardi lavorativi?
«Assolutamente sì, penso che la marcia in più che mi ha dato il Trentino vada anche oltre ad un’istruzione di alto livello. Per esempio, dai tempi del Cern mi sono dovuto occupare di riunioni operative e organizzazione del lavoro di una squadra. In questo le soft skills apprese nel mondo dello scoutismo trentino mi hanno aiutato molto. Questo è quello che rende il Trentino un territorio ricco secondo me, che educa e fa crescere le persone a 360 gradi e deve continuare a essere così».