La nomina

domenica 19 Febbraio, 2023

Ziglio, direttore di ospedale a 38 anni: «Anche i giovani daranno il loro contributo alla sanità trentina»

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Da marzo dirigerà i nosocomi di Arco e di Tione: «Previsti investimenti su entrambe le strutture»
Andrea Ziglio

Direttore di ospedale a 37 anni. Anzi di due: Arco e Tione. In un Paese spesso accusato di «gerontocrazia», la nomina di un under 40 in uno dei ruoli apicali del sistema sanitario pubblico diventa una notizia. Andrea Ziglio è il medico più giovane tra le tre recenti nomine effettuate dai vertici dell’azienda provinciale per i servizi sanitari: classe ‘85, originario di San Michele all’Adige, torna in Trentino dopo una lunga esperienza in Emilia Romagna, dove è arrivato alla direzione medica dell’ospedale di Carpi: una realtà di 300 posti letto, paragonabile all’ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, dove, peraltro ha iniziato la sua carriera lavorativa.
Dottore, un incarico delicato. Si sente pronto?
«Sono felicissimo di tornare nel posto in cui sono nato cresciuto per un incarico di responsabilità. Come tutti i trentini sono molto legato al mio territorio».
Una nomina a questo livello è piuttosto rara, almeno in Italia…
«Ho avuto la fortuna di aver trovato persone che hanno creduto e investito su di me. Maestri veri, con la “M” maiuscola. Come Massimo Annicchiarico, fino a poco tempo fa direttore dell’azienda sanitaria di Modena» (il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, lo ha nominato di recente a capo della sanità veneta, ndr).
Cosa le ha insegnato l’esperienza modenese?
««È una realtà di medie dimensioni che serve circa 800 mila cittadini, ma complessa e per molti versi simile al Trentino, con aree rurali e anche montane, sull’Appennino. La sanità emiliana è una rete in cui ogni ospedale ha un proprio ruolo ben integrato con il contesto territoriale e questo è il modello che vuole fare sempre più suo anche la provincia di Trento».
L’incarico è su due ospedali, Arco e Tione. La politica locale aveva chiesto due nomine separate, temendo un depotenziamento delle strutture…
«In realtà mi risulta che su entrambi gli ospedali siano in corso investimenti per il consolidamento delle unità operative. Per quanto riguarda la direzione unica può essere anche un’occasione per una maggiore integrazione. La cosa fondamentale, per un direttore è conoscere a fondo gli ospedali ed il contesto e ciò richiede di essere costantemente presenti sia ad Arco che a Tione».
Tra le novità recentemente annunciate ad Arco c’è la centro dedicato alla gestione delle problematiche psichiatriche tra i giovani adulti. Può essere una novità in grado di rafforzare l’ospedale e attirare nuovi professionisti?
«Quella della salute mentale è sicuramente una grande sfida, la scommessa che si fa ad Arco rientra in una riorganizzazione molto ambiziosa. La salute mentale sarà un dipartimento “transmurale” connettendo così il territorio alla cure ospedaliere».
Tione invece dovrebbe puntare sulle cure intermedie: potrebbe essere uno sviluppo importante per l’ospedale delle Giudicarie?
«Sono a conoscenza anche di questo progetto innovativo a cavallo tra ospedale e territorio, recentemente deliberato dalla giunta provinciale, e sicuramente la approfondirò a marzo quando inizierò l’incarico. Questi due esempi dimostrano come gli ospedali del Trentino, anche quelli meno grandi, possano essere un esempio di innovazione su più fronti, divenendo sempre più attrattivi».
Quello delle risorse umane è un tema che preoccupa molto la sanità trentina. C’è la speranza che i giovani medici possano approdare con più facilità ed entusiasmo in provincia?
«Quello che cercano i giovani laureati e specializzati sono soprattutto gli stimoli e la costruzione di un progetto individuale. Si teme di finire a fare lavori che fanno crescere poco. Il Trentino ha la possibilità di offrire prospettive diverse, anche per il proprio stato di provincia autonoma, e su questo bisogna investire».
Meno di dieci anni fa lei era tra i portavoce dei flash-mob egli specializzandi contro le poche borse di studio. Cosa è cambiato da allora?
«I cambiamenti si stanno vedendo solo ora. Era il 2014 e protestavamo per la scarsa programmazione e il trend, a livello nazionale, poi non è cambiato. Molte cose che si dicevano allora si potrebbero ripetere anche oggi. Programmare il fabbisogno di medici e di personale sanitario, sulla base dei bisogni di salute della popolazione, è fondamentale per dare un servizio adeguato al cittadino».
Dopo il Covid, però, ci sono stati molti nuovi ingressi di giovani, seppur in emergenza. Anche se in molti preferiscono ancora andare all’estero…
«L’Italia non è mai stato un Paese per giovani, ma in ambito sanitario c’è in effetti la possibilità di migliorare molto, anche per necessità, vista il cambio generazionale che sta attraversando la medicina. L’entusiasmo e la voglia di fare, da parte dei neolaureati e dei trentenni, c’è. Potranno fare la differenza per la sanità, anche quella trentina».