L'interrogazione

lunedì 18 Marzo, 2024

Aggressioni a medici e Oss, Coppola: «In Italia 16 mila casi, quali i reali dati del Trentino?»

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La consigliera: «Uno dei punti cardine è la carenza di personale sanitario, causa di disservizi per i lunghi tempi di attesa»

Undici domande dirette e mirate ad andare a fondo del delicato tema delle aggressioni a medici e infermieri. Domande che la consigliera provinciale Lucia Coppola ha sottoposto al presidente della Provincia Maurizio Fugatti.

«Le aggressioni ai danni degli operatori sanitari è un fenomeno in continuo aumento che crea un clima di paura e demoralizzazione tra gli operatori e dunque richiede interventi concreti – chiarisce Coppola -. Sono state oltre 16mila nel 2023 le segnalazioni di aggressioni ai danni di operatori sanitari in tutta Italia. Circa 18mila gli operatori coinvolti, perlopiù nel settore pubblico. Il dato, frutto del monitoraggio dell’Osservatorio nazionale istituito presso il ministero della Salute, è stato reso noto in questi giorni in occasione della terza Giornata nazionale di educazione e  prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio sanitari. Nel 2022 sono stati registrati 2.243 casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall’Inail e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari perpetrate nei confronti del personale sanitario (in aumento del 14% sul 2021): 1.584 per le donne (+15%) e 659 per gli uomini (+12%). La violenza fisica è la forma più estrema di aggressione, ma non l’unica. C’è anche quella verbale e lo stalking, tutte sfumature di un fenomeno che comporta stress  tra i professionisti sanitari. Aggressioni – continua la consigliera provinciale – che si verificano specialmente nei pronto soccorso e nei reparti di degenza, negli ambulatori, nei reparti psichiatrici, sulle ambulanze , negli ambulatori dei medici sul territorio e guardie mediche. Statisticamente la maggior parte degli atti di violenza, soprattutto quelle verbali, non viene denunciata e quindi i dati ufficiali sono sottostimati. Infermieri e Oss i più colpiti. Soprattutto le  donne. Uno dei punti cardine è la carenza di personale sanitario, causa di disservizi per i lunghi tempi di attesa e quindi dei possibili episodi di aggressione. Carenza che  non permette spesso di lavorare in équipe evitando il lavoro  individuale. Sarebbe importante invece la presenza di più  personale almeno nelle situazioni e nei luoghi dove risulta più facile che si verifichino reazioni da parte dell’utenza.  Importante inoltre  è mettere in campo un forte impegno all’educazione e alla prevenzione contro la violenza.  La formazione, infatti, è essenziale per dare ai professionisti sanitari gli strumenti utili a prevenire e gestire il fenomeno della violenza. Così come è fondamentale informare e sensibilizzare i cittadini  I medici, infermieri, operatori sociosanitari non devono essere visti  come nemici da aggredire, ma per quello che realmente sono e cioè  professionisti che si prendono cura della salute dei cittadini. Solo investendo nella sanità – analizza Coppola – si potranno dare le risposte di cura più idonee agli utenti che, almeno in parte, non avranno più motivi per scaricare la loro rabbia contro i sanitari».

Ecco le domande che Coppola ha presentato in apposita interrogazione a Fugatti:

  1. Quante sono state le segnalazioni di violenza sia fisica che verbale ai danni di medici, infermieri, oss e altri operatori sanitari negli ultimi cinque anni;
  2. Quante sono state le denunce di violenza sia fisica che verbale ai danni di medici, infermieri, oss e altri operatori sanitari negli ultimi cinque anni;
  3. Se l’APSS ha effettuato una valutazione del rischio “aggressione” nelle strutture dell’azienda partendo dalle realtà in cui si sono verificati gli atti di violenza;
  4. Quali sono le misure preventive e protettive messe in campo fino ad oggi per arginare le condizioni di rischio all’interno delle strutture aziendali;
  5. Se non ritenga sia necessario implementare, se già in atto, o avviare una formazione specifica del personale sanitario nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi;
  6. Se non ritenga utile avviare campagne informative rivolte alla popolazione, sensibilizzandola sulla gravità che rivestono gli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari;
  7. Se si ritenga utile un  sistema informativo dettagliato in cui registrare tutti gli episodi di violenza occorsi ed elaborare le informazioni raccolte al fine di definire ogni necessaria misura di prevenzione;
  8. Se ritenga che il lavoro in équipe possa essere uno strumento di dissuasione e di gestione  delle condizioni di rischio, prevedendo la presenza di almeno due persone nei luoghi che si valutino siano più a rischio;
  9. Se non ritenga che la carenza di personale sanitario e le lunghe  attese siano un fattore chiave scatenante dei conflitti che si creano in ambito sanitario;
  10. Se l’Apss prende in carico la gestione psicologica della fase post aggressione a sostegno dell’operatore sanitario coinvolto in una aggressione;
  11. Quali azioni si intende mettere in atto per prevenire il gravissimo fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari.